Anche i media in questi giorni sono nell’occhio del ciclone per come hanno trattato l’emergenza da Coronavirus. Pubblichiamo l’analisi che il professor Massimo Scaglioni ha prodotto sull’andamento oscillatorio dell’informazione


di Massimo Scaglioni

Si sta parlando molto, in queste ore, di responsabilità della comunicazione e dei media nell’“affaire coronavirus”. In effetti non si può non osservare un andamento ciclico, per non dire schizofrenico, del flusso della comunicazione: dopo alcune settimane passate a minimizzare e, probabilmente, a sottovalutare il rischio imminente (fra gennaio e l’inizio di febbraio), ecco un’accelerazione improvvisa coi politici a bivaccare in tv, le zone rosse, le zone gialle, il blocco delle attività, la chiusura dei bar... Ora sembra partito di nuovo l’imperativo di minimizzare, con titoli che farebbero ridere se non facessero piangere (“torna la movida”, come se noi milanesi fossimo tutti in sofferenza per mancata apericena…). 

Come chiunque si occupi di comunicazione sa bene, questa continua oscillazione di toni e contenuti rende la comunicazione stessa del tutto inefficace: è vero tutto e il contrario di tutto. Come dovrebbero comportarsi le persone normali? È ovvio che le scelte responsabili sono spesso frutto di una composizione e una negoziazione di interessi diversi (anche economici: sappiamo che la crisi italiana rischia di essere fortemente aggravata dal blocco delle attività produttive), ma la confusione è veramente il danno peggiore, perché si potrà oscillare di nuovo, da domani, dalla camomilla al panico. 

In questo quadro, si attribuisce spesso troppa responsabilità al sistema dei media (d’altra parte i media sono un bersaglio facile da attaccare). Ma, perdonatemi, mi pare che il sistema dei media non abbia che riflettuto, talvolta, certo, oscillando in maniera ancora più estrema (in certi casi quasi grottesca), quell’incertezza che discende però dalla gestione politica della comunicazione. 

Ogni testata, ogni trasmissione tv che abbiamo seguito ha dato una forma propria, anche piuttosto prevedibile, a questo pendolo impazzito. Insomma, i titoli di Libero, per dire, o alcune dirette dei programmi-contenitore del daytime, van presi per quello che sono, che trattino del virus, dei migranti o di altri temi. Ma il problema serio resta, in primis, se vogliamo guardare la Luna e non il dito che la indica, il pendolo impazzito. Che dipende sicuramente da un certo grado di incertezza che gli stessi medici e scienziati denunciano: ci sono oggettivamente cose che non sappiamo con esattezza, cose che non possiamo prevedere. 

Ma c’è anche un “di più” che si poteva evitare, in un senso o nell’altro: dalle battute infelici del Presidente del Consiglio sull’ospedale di Codogno alla mascherina (per altro inutile) indossata in diretta streaming dal Presidente della Regione Lombardia. Per non parlare del passaggio repentino dai pub chiusi dopo le 18 alle photo opportunity con boccale di birra.  Se la crisi viene gestita, più in generale, così come viene gestita la comunicazione, c’è da esserne seriamente preoccupati.

* Docente di Economia e marketing dei media nella facoltà di Scienze linguistiche e letterature straniere