Crescere i bambini da 0 a 6 anni insieme in una comunità di educatori e genitori. È l’idea alla base del progetto “Bambini: dalla periferia al centro”, che ha come capofila il consorzio Nazionale ConOpera per il quale il Centro di Ateneo Studi e ricerche sulla famiglia dell’Università Cattolica ha svolto una ricerca presentata in largo Gemelli, nell’ambito del contrasto alla povertà educativa. 

Lo studio, che ha coinvolto circa 200 persone tra operatori e genitori, riguarda la valorizzazione dei “poli per l’infanzia 0-6”, strutture per i più piccoli, introdotte dal decreto legislativo 65 del 2017. La legge ha istituito il sistema integrato di educazione e istruzione in cui il nido e la scuola materna non sono più pensati come luoghi e progettualità separati, ma in una logica di continuità che le abbraccia entrambe. 

Questo decreto ha fatto seguito alla legge 107/2015 sulla cosiddetta “buona scuola” che aveva introdotto il sistema di educazione e di istruzione dalla nascita fino a sei anni, promuovendo l’integrazione tra asili nido, scuole dell’infanzia e altre agenzie educative (sezioni primavera, ludoteche, servizi domiciliari…) che confluiscono nei  “poli per l’infanzia”. Questi sono destinati ad accogliere in un “unico plesso o in edifici vicini, più strutture di educazione e di istruzione per bambine e bambini sino a sei anni di età, nel quadro di uno stesso percorso educativo, in considerazione dell’età e nel rispetto dei tempi e degli stili di apprendimento di ciascuno”.

Il primo anno della ricerca si è svolto attraverso tre focus group volti a raccogliere l’esperienza di educatrici e famiglie, e ha evidenziato alcune priorità. 
Innanzi tutto è stata posta al centro la famiglia, non solo i bambini, perché la relazione tra figli e genitori è imprescindibile e questi ultimi devono potersi porre come interlocutori attivi nei confronti della scuola.
È stata identificata poi una povertà relazionale che nasce dalla condizione delle famiglie sempre più sole ad affrontare il compito genitoriale. 
Il terzo elemento emerso, di conseguenza, è la centralità che potenzialmente può assumere il servizio per la prima infanzia, ma solo se prevede un percorso pensato, progettato, comunicato e condiviso.
Infine la continuità nello 0-6 non è intesa solo in senso spaziale (più servizi nello stesso edificio) ma espressione di un progetto educativo, di un’alleanza che dura e cambia nel tempo e che richiede un metodo di accompagnamento alla crescita di bambini e famiglie.

Durante il secondo anno dello studio, i ricercatori hanno lavorato, attraverso laboratori con genitori, educatori e insegnanti, sul concetto di alleanza educativa, ovvero quella relazione generativa e di corresponsabilità tra genitori e servizi dove ciascuno svolge il proprio compito rispettando le reciproche differenze. I servizi per la prima infanzia diventano allora luoghi centrali nelle comunità in quanto si cresce come bambini, si educa come adulti all’interno di una comunità di riferimento.

L’alleanza educativa si è configurata, dunque, come una relazione dialogica fiduciaria e collaborativa, normata da regole in un territorio specifico, ossia la comunità educante.