Per ripartire, per ricostruire, servono oggi politiche nuove maggiormente improntate all’investimento in capitale umano, alla formazione. Ma serve soprattutto un cambio di passo nella vision complessiva, negli obiettivi: se il fine ultimo delle scelte che dobbiamo compiere oggi è quello di tornare a ieri, alla società pre-covid, profondamente divisa e diseguale, in cui le persone e l’ambiente vengono molto dopo la ricerca del guadagno ad ogni costo, allora è meglio non tornare a quel punto. Meglio intraprendere una strada nuova, diversa, più coraggiosa. Draghi nel suo discorso al Meeting ricorda che per ripartire servono impegno etico e la costruzione di un sentire comune, un’alleanza tra tutti i soggetti delle società. Quale è allora il ruolo oggi delle istituzioni - quelle locali, quella nazionali e quelle sovranazionali - per innescare un circolo virtuoso di crescita, riduzione delle disuguaglianze, aumento della coesione sociale? Che contributo possono e devono dare per costruire un nuovo modello di società, un nuovo modo di stare assieme?
Con queste parole Giovanni Marseguerra, direttore dell’Osservatorio per il territorio (Opter) ha dato il via al secondo seminario Giovani Imprese Istituzioni: da Brescia un’alleanza per il futuro con focus sulle aziende, moderato da Daniele Bellasio, direttore della Comunicazione dell’Università Cattolica.
È toccato a Giuseppe Pasini, presidente dell’Associazione Industriale bresciana, ripercorre e fare un bilancio della situazione economica delle aziende in questi mesi di pandemia che in sette mesi ha fatto registrare una produzione del 16,8% in meno, mentre a luglio ha iniziato a risalire.
«La crisi economica attualmente in corsa ha fatto venire al pettine tutti i nodi del sistema produttivo italiano. Senza innovazione, ricerca o sostenibilità etica e ambientale, prescindendo dal digitale e dalla dimensione internazionale non ci può essere un futuro. Tutti concetti questi che sono alla base della Next Generation Eu (Il Recovery fund) e che si collegano immediatamente ad una ben determinata fetta della popolazione: i giovani. I 209 miliardi messi a disposizione dell’Italia dall’Unione Europea rappresentano una grande opportunità per il nostro Paese. Questa spinta alla trasformazione del sistema chiama però in causa tutti gli attori del territorio, dalle imprese alle istituzioni, che non devono dimenticare quell’animo che ci ha unito durante il lockdown. Le istituzioni hanno questa grande responsabilità nel privato e nell’amministrazione pubblica. A Brescia c’è stata una collettiva collaborazione fra le parti. È da qui che si deve ripartire tenendo presenti le tre parole chiave convergenza, resilienza e trasformazione che valgono per l’Europa come per l’Italia».
Uno spirito di coesione e forza morale fra imprese, istituzioni e parti sociali che si è visto in questi mesi ha evitato il collasso. Queste risorse non dovranno andare disperse nella fase tre. «Occorre avere il coraggio di guardare al futuro e di porre l’interesse delle giovani generazioni al centro – rimarca con forza Jean Marie Del Bo, vicedirettore de Il Sole 24 ore – andremo incontro a mesi di grandi sofferenze economiche e dovremo chiedere alla società civile un supporto in più».
I Recovery found, piani per la ripresa Europa, sono grandi opportunità per la ripresa ma bisogna fare attenzione a non spenderli male o troppo perché potrebbe costare caro e alimentare le pulsioni antieuropeiste. «Non investire nella ricerca e nella formazione sarebbe sbagliato perché darà alle imprese un’ulteriore carta da giocare per migliorare la produttività e la crescita. Inoltre, preparerà le giovani generazioni e darà loro gli strumenti per capire come muoversi in un mondo che avrà caratteristiche nuove e difficili. La politica dovrà decidere politiche non in base al numero degli elettori poiché, data la crisi demografica, i giovani saranno penalizzati».
La vera emergenza oggi è la necessità di investire sui giovani con formazione e istruzione. «È però necessaria - secondo Lorenzo Maternini, vice presidente di Talent Garden – un’alleanza intergenerazionale che tenga conto di ciò che i giovani ora vogliono e desiderano. Non basta fare impresa per il mero fine economico, le nuove generazioni cercano sempre di più, qualcosa che vada oltre al business. Innovazione e digitale, ricerca e sostenibilità ambientale sono perciò concetti che si riempiono di un significato ben più esteso della loro mera applicazione produttiva, un senso che si fa sociale sia nel locale che nel globale. Not doing well, but doing good. Con una visione sui giovani ormai internazionale, Maternini indica tre parametri da seguire: formare all’innovazione, focalizzarsi sulle professioni STEM aggiungendo la A di arte (STEAM), fare impresa agile sul modello anglosassone».
È stato ribadito a più voci che il legame fra mondo produttivo e dell’istruzione è quindi una delle chiavi fondamentali. «Le grandi aziende di tecnologia sono dei polmoni che permettono alle università di fare la vera ricerca di base – aggiunge Maurizio Tamagnini, presidente del Consiglio di sorveglianza di STMicroelectronics. L’università non è più punto di riferimento periferico poiché nei laboratori si fa ricerca, si creano le condizioni per i giovani di essere assunti o diventare piccoli spin off per poi crescere, mettersi insieme, fondersi e guardare al mondo. Un ruolo decisivo lo giocano anche le famiglie perché è inaccettabile che ora come ora i bambini, i ragazzini non siano incentivati a seguire percorsi formativi nei campi della chimica, della fisica, della matematica o dell’informatica».