Era rappresentato tutto il “mondo della medicina” - clinici, infermieri, operatori sanitari, personale amministrativo, medici del territorio, studenti, religiosi, familiari e soprattutto pazienti - il 16 novembre nella hall del Policlinico Universitario A. Gemelli per ricordare e celebrare la figura di san Giuseppe Moscati, il “medico santo” che non solo curava le malattie, ma si prendeva cura delle persone malate coniugando scienza e fede in una sintesi spirituale continua.

Tra gli ospiti del pomeriggio la gradita e attesa dell’attore Beppe Fiorello, commovente interprete di Giuseppe Moscati, nella fortunata fiction di Rai Uno di qualche anno fa “L’amore che guarisce”, diretta da Giacomo Campiotti, di cui sono state riproposte alcune emozionanti sequenze.

«I giorni delle riprese della serie su San Moscati sono stati per me irripetibili – ha confidato Beppe Fiorello al numeroso pubblico presente nella hall -. Scelsi di interpretare Moscati perché, in un particolare periodo della mia esistenza, sentivo di dover restituire ai medici speranza, sorrisi e vita. Quello che mi ha colpito di più interpretando Giuseppe Moscati è stato l'aspetto umano, il modo fraterno di vivere il rapporto tra medico e paziente: questo era l’obiettivo da perseguire, anche se è stato oltre che un bravissimo clinico un grande ricercatore; insomma fare del suo mestiere di medico una missione. L'amore, la carità cristiana, è stata per Moscati davvero la prima e più grande medicina da dare ai pazienti».

Il pomeriggio è proseguito con un fitto dialogo fra monsignor Andrea Manto, direttore del Centro per la Pastorale della Salute del Vicariato di Roma, e il professor Filippo Crea, coordinatore del Polo Apparato Cardiovascolare e Torace del Gemelli: «È emozionante per me parlare di una persona e di un grande clinico che è fonte di ispirazione per tutti quelli che studiano e fanno medicina, in particolare modo all’Università Cattolica – ha dichiarato il professor Crea -. La medicina più importante è il medico e Giuseppe Moscati proiettava tutto questo in una dimensione in cui umano e divino si sfioravano: un modello davvero irraggiungibile, ma verso cui tendere».

Dopo i saluti conclusivi del dottor Pietro Scanzano e della dottoressa Alessia Rabini, rispettivamente presidente diocesano dell’Associazione Medici Cattolici Italiani (Amci) e vicepresidente dell’Amci nonché fisiatra del Policlinico Gemelli, la giornata si è conclusa con la Santa Messa celebrata da monsignor Manto nella cappella del Policlinico dedicata al “medico santo”.

«San Giuseppe Moscati – ha detto don Manto nell’omelia - si è lasciato interpellare dal bisogno dell'altro: egli è per noi un faro, proprio e soprattutto in giorni come questi in cui la violenza esplode e i nostri schemi troppo rigidi ci fanno provare sentimenti di paura e di incertezza. Se dovessimo basarci solo sulle nostre forze di uomini, di credenti, di sacerdoti e di medici, cosa saremmo e cosa faremmo? Giuseppe Moscati fino in fondo ha creduto a quell'Amore più alto, è diventato un balsamo di misericordia per le ferite degli ammalati. Questo è il senso del nostro essere qui: non una commemorazione del passato, ma il rinnovamento del ricordo del suo amore e del suo servizio».