«Sussidiarietà, solidarietà, sostenibilità vanno rilette dopo lo spartiacque del Covid. La “ripartenza” è una metafora imprecisa: dà l’idea di un’automobile danneggiata che si cerca di fare ripartire. Il nostro compito, invece, è di rigenerare il nostro tessuto sociale. Per questo preferiamo parlare di “rigenerazione”, perché il percorso è tutto da scrivere e da fare insieme». È la strada indicata da Chiara Giaccardi, docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Università Cattolica del Sacro Cuore, per superare la crisi prodotta dal Coronavirus, cui è dedicato il nuovo lavoro editoriale di prossima uscita, scritto a quattro mani con Mauro Magatti, docente di Sociologia in largo Gemelli.

Giaccardi e Magatti sono intervenuti sabato 22 agosto al Talk Show Live Dopo il Covid #quellicheripartono - Sostenibilità e sussidiarietà, nell’ambito del Meeting dell’Amicizia tra i popoli 2020. Un dibattito che ha messo a confronto alcuni tra i massimi esperti della materia, da Franco Bassanini, presidente della Fondazione Astrid, a Enrico Giovannini, portavoce Asvis, da Stefano Zamagni, economista e presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, a Nando Pagnoncelli, sondaggista e amministratore delegato Ipsos.

Il dibattito è ruotato attorno alle due parole chiave contenute nel titolo dell’incontro. Secondo Pagnoncelli mai negli ultimi anni il tema della sostenibilità ambientale e sociale è stato così presente tra i cittadini. Un fenomeno prodotto da tre driver: gli aspetti etico-valoriali; la paura; la qualità (un prodotto sostenibile è considerato migliore, mettendo fine così a una mentalità pauperistica). Il tutto nell’ottica di una crescita sostenibile e non di una decrescita.

Per il professor Magatti la sostenibilità economica, ambientale, sociale e umana è stata declinata in modo magistrale da Papa Francesco: è riconoscere che siamo in relazione con gli altri e con l’ambiente. Ma per il sociologo occorre distinguere tra una cattiva e una buona sostenibilità. «Si potrebbe diventare sostenibili in maniera completamente tecnocratica. Noi siamo, invece, per una sostenibilità legata a libertà, solidarietà e sussidiarietà». 

Per Franco Bassanini, affrontare la sfida gigantesca che abbiamo davanti, con un debito pubblico che veleggia intorno al 170% del Pil, chiede una mobilitazione di tute le energie pubbliche e di quelle che operano dal basso: corpi intermedi, società, distretti produttivi, volontariato, terzo settore, imprese sociali. «Da solo lo Stato non può farcela ad affrontare sfide come quelle con cui abbiamo dovuto misurarci». Bassanini fa l’esempio anche di quei corpi intermedi particolari che sono ospedali e pronto soccorsi, comunità operative che sono andate ben oltre i propri compiti durante l’emergenza Coronavirus, sprigionando un sentimento collettivo e uno spirito di abnegazione di tutto il loro personale.

«Noi oggi non reggiamo alle nuove sfide se non con un nuovo modello che coniughi il potere dall’alto con tutta la rete dei fenomeni associativi. C’è stata una fase, recente, in cui la politica ha pensato di fare a meno dei corpi intermedi, privilegiando la logica dell’uomo solo al comando».

Citando una ricerca in corso, Nando Pagnoncelli ha mostrato come la pandemia ha fatto segnare dei risultati positivi nel favore degli italiani per corpi intermedi come volontariato, associazioni di rappresentanza, sindacati, terzo settore. «Dopo un periodo di disintermediazione, sembra che questi soggetti possano assumere un nuovo ruolo e un nuovo valore agli occhi dei cittadini. Una crescita di fiducia nei loro confronti è del tutto inusuale: dietro c’è una domanda di coesione sociale e la richiesta di bisogni specifici».

Ecco, allora, tornare emergente il ricorso dalla sussidiarietà, che Zamagni definisce come “meccanismo che serve a trasformare il progresso in sviluppo”. Secondo il presidente della Pontificia Accademia delle Scienze sociali, serve un terzo tipo di sussidiarietà, accanto a quella verticale e orizzontale. È la sussidiarietà circolare in cui ente pubblico, mondo dell’impresa e terzo settore (o terza economia) interagiscono nel momento della progettazione e non solo in quello dell’attuazione.

Una prospettiva che apre la strada al tema dell’innovazione: mentre l’invenzione è legata al genio individuale, fa notare Zamagni, l’innovazione ha bisogno di radici per svilupparsi. Riletta in chiave di generatività «innovazione è trovare una risposta alle domande del territorio e del tempo, occasione collettiva di mettere al mondo qualcosa che non c’era ancora» spiega Chiara Giaccardi. «È una risposta a tante narrazioni che si sono sbriciolate, prima tra tutte quella del consumo. È un’idea diversa di libertà: far nascere qualcosa di concreto che non c’era. È giocare la perdita, come quella che abbiamo vissuto durante il Coronavirus, con una nuova creazione collettiva. Ecco perché, per fare un esempio, dobbiamo rimettere in gioco la scuola non come qualcosa che riparte ma che fa un passo avanti».