«La questione dazi ci preoccupa molto. La ripresa della discussione su dazi e barriere rischia di essere un grave danno per l'agroalimentare italiano. Noi siamo in tutto e per tutto fortemente esportativi». Con queste parole ha iniziato la sua visita al campus di Piacenza dell’Università Cattolica del Sacro Cuore Maurizio Martina. Il ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali ha tenuto lo scorso 3 aprile la Lectio Cathedrae magistralis della facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali sul “Ruolo dell’agroalimentare nei 60 anni dai trattati di Roma[guarda il video integrale].

«Non basta dire di essere paladini del mercato aperto» ha affermato Martina. «L’Europa ha un compito decisivo per rilanciare un discorso, in ambito internazionale, che superi il crinale dei dazi. Serve uno sforzo nuovo per mettere in equilibrio un mercato aperto e respingere azioni tese a esaltare la sovranità nazionale, tutelando con forza la distintività delle produzioni locali». Secondo il ministro «bisogna inoltre aprire un dibattito pubblico più ampio sull'utilità strategica degli accordi di commercio internazionale. Alcune paure e preoccupazioni legittime vanno gestite all'interno degli accordi e non al di fuori. I piccoli produttori hanno più bisogno di altri delle regole per affrontare il mercato globale».

La sostenibilità deve essere un tratto distintivo del nostro sistema. «Lo sviluppo della multifunzionalità deve essere incentivato, espressione di un territorio dove si unisce qualità, sostenibilità e socialità, rispondendo agli attacchi con esperienze sinergiche di imprenditorialità privata, supportata dal pubblico. L’Italia deve assumere un ruolo da protagonista ed anche l’università è chiamata al fondamentale compito di formare lo “zoccolo duro” di questo sistema, per creare una consapevolezza nuova per il nostro agro-alimentare».

L’intervento del ministro Martina è stato preceduto dal saluto del rettore Franco Anelli, che nella sua introduzione ha evidenziato il ruolo dell'Università Cattolica nella rinascita agricola dell'Italia, citando le parole di Padre Gemelli: «Non basta dare la terra ai contadini, bisogna anche supportarli nel produrre. Questo è il compito di una facoltà come quella Agraria, dove si ricerca, si insegna e poi si applica. Su questo solco il lavoro del nostro ateneo - ha ricordato Anelli - prosegue tuttora». E citando Jacques Delors il professor Anelli ha affermato che «tra gli europei non servono solo interessi comuni, ma una vera comprensione reciproca».

Il preside della facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali Lorenzo Morelli ha sottolineato che «il territorio ha da sempre connotato questa facoltà, un centro per formare uomini, la loro terra e quindi ha un’azione sociale. Gli studenti grazie alla nostra offerta formativa, sono cresciuti del 49 per cento, abbiamo un settore di ricerca molto qualificato e siamo primi in Italia nel campo della ricerca zootecnica. Ma l'orizzonte non può fermarsi all'Italia: per questo partiremo l'anno prossimo con un corso interamente in lingua inglese».

E di formazione integrata ed europea ha parlato anche il professor Gabriele Canali, consigliere del ministro e docente della facoltà di Scienze agrarie alimentari e ambientali, che ha ricordato la figura Stefano Jacini, politico ed economista cremonese di fine ‘800, la cui storia di formazione europea è sfociata in un’inchiesta agraria che ha posto le basi per una nuova agricoltura nel nostro Paese. Per Canali la sua lezione va tradotta «nella ricerca di una formazione elevata, con una visione europea, analitica delle specificità territoriali che superi visioni frammentarie, che operi sinergie, una lungimiranza che guardi lontano coniugando insieme locale, europeo ed internazionale».