Se n’è parlato molto ma, c’è da scommetterlo, se ne parlerà (e se ne dovrà parlare) ancora a lungo.

La legge 107/ 2015, la cosiddetta Buona Scuola, sancisce ufficialmente l’entrata in vigore dell’alternanza scuola-lavoro (asl) che impegna tutte le istituzioni scolastiche dell’intero territorio nazionale, e non solo gli istituti tecnici e professionali, ad attivare modalità di apprendimento flessibili che connettano in modo sistematico la formazione teorica in aula e l’esperienza di tipo pratico.

Ad interrogarsi sul tema, giovedì 10 marzo nell’ambito del convegno internazionale “Un curriculo per la vita” -  organizzato dal dipartimento di Pedagogia e dal corso di laurea magistrale in Progettazione pedagogica e formazione delle risorse umane, coordinato da Pierluigi Malavasi, si sono riuniti studiosi, rappresentanti d’impresa e dirigenti scolastici.

Se fino ad ora, erano infatti solo gli istituti tecnici e professionali ad avere l’obbligatorietà di  stage e tirocini in azienda, la 107 introduce anche per i licei l’obbligo di 200 ore per  avvicinarsi al mondo del lavoro e aumenta a 400 quelle degli istituti professionali.

Le problematiche e le questioni di tipo organizzativo per mettere in moto una macchina del genere non mancano. Lo hanno spiegato Giacomo Ferrari e Marco Tarolli, presidi dell’Istituto Luzzago e del Liceo Scientifico Calini Brescia.

«I 300 studenti del Luzzago iniziano a confrontarsi col tema del lavoro a partire dal terzo anno - ha raccontato Ferrari - Il percorso che i ragazzi stanno per intraprendere è professionale, ma anche umano e personale; per questo motivo ognuno dei nostri insegnanti effettua colloqui personali con gli studenti allo scopo di raccogliere ansie, paure, interessi o aspirazioni per meglio aiutarli ad orientarsi nelle scelte. Dall’altro lato occorre attivarsi per creare rapporti e partnership con aziende e realtà del territorio dove gli studenti potranno imparare, facendo». 

Altri numeri, altra strategia per il Calini che, attualmente, conta 1.200 iscritti.

«Il nostro approccio è stato tendenzialmente pragmatico» ha spiegato Tarolli. Ci siamo impegnati a stringere da subito rapporti con le aziende del territorio. In particolare, abbiamo intensificato le collaborazioni già esistenti e ne abbiamo create di nuove come, ad esempio, quelle con alcuni laboratori di analisi biomedicali o con gli Spedali Civili di Brescia. Dall’altro lato con l’iniziativa “Imprese al Calini” ci impegniamo a portare in aula personalità e figure professionali provenienti dagli ambiti dell’impresa, in grado di illustrare agli studenti diversi mondi e realtà aziendali».

Le principali problematiche riguardano l’aspetto economico - «la 107 prevede l’istituzione di attività ulteriori, ma budget e fondi stanziati per le scuole sono quelli stabiliti precedentemente alla sua introduzione» ha fatto notare Ferrari - e quello organizzativo – «il salto che ci viene richiesto è qualitativo ma anche quantitativo: per una scuola di 1200 studenti non è certo semplice gestire un simile cambiamento» ha concluso Tarolli.

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Il punto di vista delle imprese che accolgono gli studenti è stato portato da Laura Galliera, responsabile Education per Aib (Associazione Industriali Bresciani). 

«Le aziende tendono a preferire professionalità di tipo pratico.  Frequentando il modo dell’impresa lo studente ha certamente modo di capire, intuire o farsi un’idea delle cosiddette “soft skills”, le capacità di collegamento trasversale, oggi sempre più richieste e fondamentali nel mondo lavoro» ha spiegato. «L’Aib, in questo senso, si è mossa per stimolare le aziende dal punto di vista dell’accoglienza degli studenti e ha redatto un vademecum per affrontare al meglio l’asl».

È stata dello stesso avviso Laura Quaranta - Consulente Politiche Attive del Lavoro e Risorse Umane in Apindustria - che ha illustrato come quest’ultima si sia attivata al fine di sensibilizzare gli insegnanti alla causa delle industrie. «Abbiamo invitato alcuni docenti in contesti aziendali, e abbiamo sottoposto loro delle commesse o problematiche aziendali da risolvere: cose che un imprenditore si trova a fare tutti i giorni. È necessario un duplice lavoro di sensibilizzazione e scambio: non solo portare le aziende a scuola, ma anche portare la scuola nelle aziende».

In questo contesto anche l’Università è chiamata a fare la sua parte. Luigi Pati, preside della facoltà di Scienze della Formazione, ha infatti sottolineato come  «la proposta educativa dell’Università deve coniugarsi ai bisogni del mercato e della aziende: solo così il binomio dell’apprendimento scolastico sommato a quello lavorativo diviene caratteristica altamente professionalizzante. Per una corretta attuazione è importante considerare che il tema dell’Asl non va standardizzato, bensì reinterpretato sulla base della esperienze della persona, delle novità esistenti a livello scolastico e delle esigenze delle aziende».

Parole a cui fa eco l’importante questione sollevata da Dario Nicoli, docente di Sociologia economica e delle organizzazioni. «I dati statistici ci informano di come l’occupazione sia in crescita, ma non per i giovani: le aziende preferiscono assumere ultracinquantenni già formati e con esperienza alle spalle» ha sottolineato Nicoli. «Le cause di ciò potrebbero essere individuate nella mancanza di esperienze reali da parte dei ragazzi e dovute anche alla grande distanza oggi fornita dalla virtualità, dall’esclusione delle nuove generazioni da ruoli sociali significativi e, non ultimo, dalla condizione signorile che permette loro di poter vivere senza lavorare, potendo contando sul patrimonio familiare. Per tutte queste ragioni il sistema scolastico è chiamato a riformare se stesso».