Mettere in cattedra gli “utenti” per aiutare docenti e studenti a diventare assistenti sociali più capaci, potendo toccare con mano le competenze esperienziali di cui sono portatori unici. È l’approccio relazionale che da circa una decina d’anni in Italia ha portato a valorizzare nei percorsi di Social work Education il ruolo dei cosiddetti “esperti per esperienza”.

«Guardando alle loro difficoltà del vivere non ci si può non rendere conto che queste persone sono dotate di sapere e competenze speciali: il sapere di vita e le conoscenze esperienziali» afferma Elena Cabiati, docente al corso di laurea in Scienze del Servizio sociale alla facoltà di Scienze politiche e sociali. «Queste competenze derivano dalla loro esperienza di vita entro il disagio e la sofferenza. Esse si traducono in un concetto semplice ma non scontato nel mondo dei Servizi: diciamo che solo i diretti interessati conoscono il significato psichico autentico del vivere dall’interno una determinata situazione di difficoltà».

Non basta formarsi sui libri, quindi? «Per quanto in veste di operatore sociale posso essermi formata in un determinato ambito e per quanto anche come persona possa aver maturato un buon bagaglio di esperienza a riguardo di uno specifico tema, è presente un confine che ci protegge dall’illusione di saperne di più di coloro che stanno vivendo il problema sulla propria pelle. Le conoscenze esperienziali sono un sapere soggettivo, riguardante noi stessi e la nostra vita, che ciascuno di noi si costruisce vivendo, sperimentando azioni concrete ed emozioni, coinvolgendosi in processi comunicativi, sviluppando attribuzioni di significato in merito alle situazioni reali in cui è immerso. Riconoscere l’utente come portatore di un sapere esperienziale, consente all’operatore di accogliere e rispettare il fatto che “quella persona o quella famiglia” sanno non solo cosa vuol dire vivere quella situazione lì, ma anche cosa potrebbe essere utile per un miglioramento, cosa potrebbe funzionare o meno, cosa già hanno sperimentato, cosa desiderano e cosa reputano buono per se stessi».

Che tipo di assistente sociale formate? «L’operatore sociale relazionale sa che la natura dei problemi sociali richiede una combinazione di saperi tecnici (principalmente in capo ai professionisti) e di saperi di vita (principalmente in capo ai diretti interessati) all’interno di una relazione paritetica che superi la tradizionale e passivizzante idea di aiutante (colui che dà, che sa) e aiutato (colui che ha bisogno, non sa e riceve)». 

Da dove provengono gli esperti per esperienza? «Il tema delle competenze esperienziali e del necessario superamento della suddivisione dei ruoli tra aiutante-aiutato è lampante nei gruppi di auto/mutuo aiuto. I membri di uno stesso gruppo accomunati da una comune difficoltà di vita si aiutano reciprocamente per stare meglio in una dimensione paritaria e all’interno di un clima democratico. Il sapere degli esperti per esperienza elaborato nei gruppi rappresenta un nutrimento importante per i futuri operatori sociali. Da diversi anni, in veste di Esperti per Esperienza, utenti e famigliari membri di gruppi di auto/mutuo aiuto accettano l’invito a recarsi in Università per incontrare gli studenti al primo anno di corso in Scienze del servizio sociale e trascorrere con loro un’intera giornata, come avverrà sabato 30 marzo (si veda a lato). Dal canto loro gli studenti accolgono l’appello dei docenti a prendere parte a questa attività senza aver ricevuto in anticipo alcuna informazione sul senso e sull’organizzazione dell’esperienza». 

Che benefici determina questa iniziativa? «Con il crescere di questa esperienza, negli anni ci siamo resi conto che accanto ai benefici generali ricavati da questo incontro che sono ben visibili a occhio nudo sugli studenti che esprimono entusiasmo, commozione e gratitudine verso la persona incontrata, vi è un effetto che riguardava il tema del pregiudizio. L’idea iniziale che gli studenti comunemente nutrono nei confronti dei loro futuri collaboratori, gli utenti appunto, vertono generalmente su immagini di persone deboli, colpevoli, pericolose, sfortunate. Con reazioni di stupore e in parte anche sconcerto, l’incontro con persone esperte per esperienza permette loro di ripensare a queste immagini».