Aumento della produttività e riduzione dei costi, ma anche fiducia, responsabilizzazione e un ripensamento degli stili di management.

Questi gli elementi chiave emersi dalla survey condotta dalla facoltà di Economia e Giurisprudenza che ha esplorato, in un’analisi multi prospettica, il funzionamento dello smart working in 60 imprese della provincia di Piacenza, coinvolgendo 217 lavoratori e 113 responsabili. L’indagine è stata presentata il 15 luglio durante il webinar “Smart working, dall’emergenza alla pianificazione”.

«L’epidemia da Covid-19 ha costretto molte aziende a ricorrere allo smart working in sostituzione alla presenza fisica dei lavoratori. Imprenditori, dirigenti, responsabili di funzione, manager ed impiegati, lo hanno accolto con spirito e attitudini organizzative e tecnologiche differenti - ha esordito la professoressa Franca Cantoni che, insieme a Roberta Virtuani, Barbara Barabaschi e Silvia Platoni, ha sviluppato in collaborazione con Value Group, l’indagine promossa da Confindustria Piacenza per fare il punto sul presente e sul futuro di questa modalità lavorativa mai sperimentata prima dal 66% degli intervistati».

Sono quattro i macrotemi indagati: Consapevolezza, produttività, preparazione tecnologica, coordinamento e controllo.

Produttività

Il primo dato che emerge con forza è la soddisfazione di lavoratori e manager in merito alla produttività che, grazie al tasso elevato di scolarizzazione dei lavoratori e all’adeguatezza delle tecnologie messe a disposizione, ha registrato un generale aumento: «Gli studi ci dicono che uno smart working maturo potrebbe aumentare la produttività del 15% per ogni lavoratore. Un vantaggio, a livello nazionale, di 13,7 Miliardi annui» - ha ricordato la professoressa Virtuani, sottolineando quanto lo smart working possa diventare uno strumento molto potente a livello di efficienza se usato bene. 

Coordinamento e controllo

Per sfruttare le potenzialità dello smart working in termini di produttività, riduzione dei costi e work life balance, emergono come necessari uno stile manageriale partecipato e basato sulla fiducia, che sostenga l’autonomia e la responsabilizzazione. «La fiducia è un valore fondante, come emerge dalle risposte dell’85,7% dei lavoratori intervistati, che rispetto agli aspetti tecnici, ritengono primari gli aspetti relazionali per la buona riuscita del lavoro a distanza - ha precisato Cantoni -. Ciò richiede uno sforzo culturale per favorire un’organizzazione del lavoro compatibile con lo smart working, fatto di chiarezza e condivisione degli obiettivi, costante coordinamento, feed back regolari».

Dall’emergenza alla pianificazione

Quali sono quindi le prospettive per lo Smart working? «Dalla survey emerge che il 64,3% dei lavoratori è favorevole a proseguire anche dopo l’emergenza Covid 19 e che il 23,1% propende per una forma mista. Solo il 9,4% è contrario. Contrari anche il 21,2% dei responsabili, ma anche qui la maggioranza (il 56,6%) lo vede come un’opportunità. Cosa serve allora per passare dallo shock dell’emergenza ad un’adozione piena e consapevole dello smart working in azienda?

«Le condizioni per la continuazione dello smart working ci sono, ma occorre adottare cambiamenti di natura manageriale e culturale - ha concluso Cantoni-. Innanzitutto serve un cambio drastico nelle procedure organizzative e nella valutazione delle performances. Serve uno switch veloce verso un nuovo modo di pensare l’azienda, verso un nuovo paradigma di gestione. Serve resilienza, quell’ arma che contraddistingue le aziende che riescono a velocizzare la fase di risalita dopo la crisi».