«La conoscenza è indispensabile, è l’essenza del capitale umano, preziosa e insostituibile ricchezza morale della società del futuro». Il rettore Franco Anelli è stato chiaro nel delineare la necessità dell’investimento che le università devono mettere in campo per ripartire. L’ha fatto aprendo il talk serale intitolato “Come ripartire e come ripartire dall’università?” che ha chiuso l’undicesima e penultima giornata dell’OpenWeekUnicatt a cui sono intervenuti i professori Fausto Colombo, Guendalina Graffigna e Ivana Pais dell’Ateneo, moderati dal direttore della Comunicazione Daniele Bellasio.

Il rettore ha ribadito l’importanza delle nuove generazioni che non devono essere smarrite. «L’abbiamo già sperimentato nel 2008 con il calo degli iscritti in università. Oggi bisogna avere la lungimiranza di investire sugli studenti perché abbiano le conoscenze che servono a sviluppare la società e ad affrontare le crisi come quella che stiamo vivendo oggi». 

Alla base della ripartenza c’è indubbiamente la collaborazione, come è emerso dalla voce di tutti i relatori della serata. Una parola chiave che va a braccetto con la resilienza. La capacità di resistere all’urto riprogettandosi insieme è quello che la psicologa Graffigna auspica per il prossimo futuro. E in particolare vede l’università come il luogo che genera processi positivi, oltre che contenuti, oggi luogo fisico e virtuale al tempo stesso con regole del gioco utili a raggiungere il bene comune. 

Le ha fatto eco la sociologa Pais parlando dell’economia collaborativa come un modello che non è stato messo in discussione, fatti salvi i casi del turismo e della mobilità che negli ultimi mesi sono stati colpiti duramente. «Il crowdfunding funziona, e così le campagne basate sulla reciprocità, una cosa che non avevamo visto in questi termini fino ad ora. Altri esempi sono il picco di utilizzo delle piattaforme digitali per l’acquisto di cibo a filiera corta con un’attenzione al rispetto ambientale, e le nuove forme di prossimità nei rapporti di vicinato».

Anche il sociologo e direttore del dipartimento di Scienze della comunicazione e dello spettacolo Fausto Colombo ha messo l’accento sulla collaborazione definendo l’università come «un grande laboratorio di dialogo continuo». E ha citato Verità e politica di Hanna Arendt dove si dice che l’autonomia dell’università, che pure era riconosciuta dai governi, era a rischio perché le si chiedeva di lavorare solo in una chiave economicista. «Anche oggi la politica - ha sottolineato Colombo - ha chiesto un serbatoio di giovani già con le skills per il mondo del lavoro. Questo funziona quando tutto va bene ma di fronte all’imprevisto va in crisi. Il sapere si costruisce nel dialogo, è umile, è prudente, e per questo abbiamo bisogno di tempo da spendere con i nostri studenti e con gli studi».
 
Ma se il modello del mondo del lavoro che richiede giovani usciti dall’università già “confezionati” con le competenze da applicare non funziona, allora forse bisogna rovesciare la prospettiva. Si inseriscono qui le due proposte di Ivana Pais: la prima è l’idea di un future lab in università dove docenti e studenti lavorino insieme seguendo il principio che “per imparare bisogna insegnare, per insegnare bisogna imparare”; e la seconda è che il mondo del lavoro porti dentro i giovani con un approccio diverso, non più per formarli a “saper fare”, ma per imparare dal loro sguardo diverso che può cambiare i processi e non semplicemente acquisirli. 

Cosa ci portiamo a casa da questa crisi? Alla domanda, sollecitata da Bellasio, Graffigna ha evidenziato che abbiamo scoperto che «ce l’abbiamo fatta, siamo qui a ragionare su spunti di cambiamento e resilienza. E anche la paura e la mancanza di fiducia di alcuni verso le istituzioni e la scienza può diventare un’occasione di apprendimento per tutti perché non c’è una verità unica».

In questi mesi nelle famiglie generazioni diverse hanno dovuto necessariamente vivere una accanto all’altra e Colombo ha auspicato che quelle più giovani potranno raccontare in futuro che «è successo questo e ne siamo usciti insieme».

E la sociologa Pais più che tracciare un bilancio ha fatto tesoro di un concetto preso in prestito dall’ultimo libro di Giuseppe Lupo: “sopravviviamo, usciamo da questa fase poi ne riparleremo”.

È stato il rettore a chiudere l’incontro proprio secondo il clima dialettico che l’ha caratterizzato. Nelle università bisognerebbe assumere lo studente come soggetto del sapere, della conoscenza. E il coraggio di sapere e di proporre conoscenze nuove è la cifra dell’innovatore delle conoscenze disrupting che cambiano il quadro di riferimento. E lo si vede ben oggi perché non è sempre facile distinguere le fake news dalla conoscenza. Oggi c’è una crisi della qualità del dialogo e della dialettica. «Parlarne - ha detto il rettore - è un modo di sopravvivere. Almeno dal punto di vista morale, emotivo e culturale».