Chi sono, come stanno e quale potenziale hanno ancora da esprimere le donne oltre i cinquant’anni che lavorano ancora in azienda. È quanto ha analizzato Valore D con la ricerca “Talenti senza età. Analisi del potenziale delle donne in middle-late career”, in collaborazione con il Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia dell’Università Cattolica.

Lo studio, svolto tra circa 5.000 donne tra i 50 e i 69 anni su tutto il territorio nazionale in 18 aziende associate a Valore D, ha consentito di identificare tre tipologie tra le over 50 inserite nel mondo del lavoro: le lavoratrici attive e soddisfatte (36,9%), le lavoratrici attive ma in difficoltà (36,1%) e le lavoratrici smarrite (27%).

Solo un terzo tra queste donne - le attive e soddisfatte - hanno un alto livello di potenziale lavorativo, sono ben realizzate da un punto di vista personale e sono ancora molto attive nel dare il loro contributo lavorativo in azienda. Sono donne che lavorano in ambienti organizzativi caratterizzati da un clima positivo in cui non sono presenti discriminazioni o stereotipi negativi di genere ed età. Inoltre possono contare su una rete di relazioni ricca e caratterizzata da fiducia sia al lavoro che in ambito extralavorativo.

Ci sono poi le lavoratrici attive ma “in difficoltà” (36,1%), quelle donne che sono ancora attive sul lavoro ma hanno un basso livello di benessere psicologico. A confronto con le lavoratrici del primo profilo hanno reti relazionali extralavorative più povere e, quindi, hanno realizzato in maniera meno forte la loro identità al di fuori del lavoro.

Infine ci sono le lavoratrici “smarrite” (27%), che hanno un potenziale che rimane purtroppo inespresso. Queste donne presentano il più basso livello di benessere psicologico oltre che il più basso livello di impegno nel lavoro e di orientamento al futuro lavorativo. Dall’analisi delle caratteristiche di questo profilo emerge che sono donne che hanno affrontato negli ultimi anni delle transizioni importanti (malattie proprie o di persone care, separazioni e divorzi, cambiamenti lavorativi) ma che non hanno potuto contare su un ricco network relazionale e su un clima organizzativo positivo. Anzi vivono spesso in contesti organizzativi caratterizzati dalla discriminazione di genere e di età.

L’obiettivo della ricerca è prima di tutto di fornire una prima fotografia del delicato momento di transizione che le donne in questa fascia di età si trovano ad affrontare nella propria vita personale, dei loro percorsi professionali non sempre lineari - a causa della conciliazione tra vita e lavoro - del capitale sociale e relazionale che hanno costruito e - ultimo ma non meno importante - della percezione dell’ambiente lavorativo in termini di scambi intergenerazionali e della discriminazione di genere e di età.

Ma la ricerca ambisce anche a fornire alle aziende indicazioni operative per anticipare e gestire l’invecchiamento della forza lavoro femminile. Dallo studio emerge che l’age management andrà declinato con attenzione differenziata rispetto al genere. Molte delle sfide che risultano cruciali per le donne in questa fase della vita (transizioni importanti, nuovi bisogni di conciliazione, capitale sociale familiare carente) risultano aspetti specifici del vissuto femminile in questa fase della vita.

«Per le aziende la diversità di competenze, generi, generazioni e culture è un fattore di innovazione e competitività - ha commentato Barbara Falcomer, direttrice generale di Valore D -. In un contesto in cui le aspettative di vita si allungano e di conseguenza la permanenza nel mondo del lavoro, è fondamentale per le aziende comprendere quali siano le sfide e le opportunità che i collaboratori over50 rappresentano e come valorizzare nel modo più efficace le loro esperienze, competenze e valori».

«Talenti senza età è un progetto che ha voluto mettere per la prima volta sotto i riflettori le donne over50 per comprenderne i vissuti - ha spiegato Claudia Manzi, professore associato di Psicologia Sociale Università Cattolica di Milano -. L’obiettivo finale è quello di individuare le condizione attraverso cui le organizzazioni siano ancora, e sempre più, ambienti abitabili per queste donne».