Un “soffitto di cristallo” difficile da rompere. È la metafora che ben descrive la disparità di genere in ambito professionale, dove le differenze tra uomini e donne sono ancora molto forti in tanti Paesi, Italia compresa. Alla legittimazione femminile nella sfera pubblica Vera Lomazzi, laureata in Università Cattolica, dottore di ricerca in Sociologia e metodologia della ricerca sociale e collaboratrice del dipartimento di Sociologia dell’Ateneo, ha dedicato la sua tesi di PhD, pubblicata recentemente da FrancoAngeli. Uno studio che prosegue su altri fronti nella sua attività di PostDoc Researcher al Leibniz Institute for the Social Sciences (Gesis) di Colonia in Germania. 

Il tema, per quanto a lungo studiato, continua a essere attuale. Del resto le cifre sulla rappresentanza di genere negli organi di governo, locali e nazionali, parlano chiaro. In Italia, per esempio, solo con l’ultima tornata elettorale si è giunti a una presenza femminile del 31,4% (quando in precedenza non si era mai superato il 22%), mentre nei paesi dell’area scandinava la presenza femminile supera il 40% (Dati Inter-Parliamentary Union, 2014: http://www.ipu.org). 

Ma esistono delle ragioni culturali che motivano questa diversità? Quali sono i fattori contestuali e individuali che possono limitare o promuovere lo sviluppo di una cultura maggiormente paritaria? E ancora: perché alcuni Paesi migliorano la propria situazione con il passare degli anni e altri restano invece stazionari? 

Sono gli interrogativi che hanno portato Vera Lomazzi a intraprendere il suo percorso di ricerca dedicato alla parità tra uomini e donne. Un concetto che, secondo la ricercatrice, per essere ben compreso va studiato non solo dal punto di vista dell’asimmetria legata alla dimensione lavorativa, ma anche sul piano dei valori. Questo perché quando si parla di parità nel mercato del lavoro vanno presi in considerazione quei vincoli culturali legati non solo ai valori individuali, ma anche alle culture di genere trasmesse dai contesti nazionali, attraverso le politiche e le pratiche delle proprie istituzioni e che in Europa si differenziano da un paese e l’altro.

«Esiste anche una segregazione verticale, a cui si fa riferimento quando si parla di “soffitto di cristallo” - spiega nel suo studio Vera Lomazzi - per indicare la difficoltà delle donne a salire nella scala gerarchica delle posizione professionali a causa di vincoli culturali. In altre parole, si tratta di barriere invisibili, che impediscono loro di salire ai vertici. Un esempio di queste è rappresentato dalla convinzione che le donne siano poco adatte al comando perché ritenute troppo emotive e quindi inadeguate alla leadership». 

Basandosi sull’analisi secondaria di dati da survey internazionali ripetute nel tempo (European Values Study, di cui l’Università Cattolica è principal investigator per l’Italia, World Values Survey, International Social Survey Programme, Eurobarometer), lo studio compara i valori degli europei in modo trasversale attraverso un’analisi multilivello che include 22 Paesi. Un ulteriore approfondimento è dedicato all’analisi del cambiamento avvenuto nell’arco di venti anni nel supporto ai valori di parità in Italia, Germania, Paesi Bassi e Gran Bretagna, assumendo tale mutamento come parte di un cambiamento culturale più ampio, connesso ai processi di modernizzazione.

Quello che fa la differenza, come spiega Vera Lomazzi anche nella sua video-intervista, è il condizionamento del contesto sugli elementi valoriali. Se prendiamo il caso del lavoro femminile, non è che gli italiani siano semplicemente più tradizionalisti o contrari alla parità di genere rispetto agli altri europei. È la carenza di politiche a sostegno della famiglia a limitare un atteggiamento positivo.

«Quando ci sono politiche familiari, l’occupazione femminile diventa una possibilità realmente sostenibile – specifica Lomazzi –. Ciò è rilevante per lo sviluppo di una cultura maggiormente egualitaria perché, come la teoria dell’esposizione spiega e così come i risultati dell’indagine condotta confermano, l’esperienza lavorativa diretta è significativa per le donne nello sviluppo di atteggiamenti egualitari. Per gli uomini, invece, l’effetto della maggior partecipazione economica femminile sul supporto alla parità avviene a livello contestuale, cioè quando sperimentano nei propri contesti di vita un maggior numero di donne al lavoro».