A pochi giorni dalla sua apertura al pubblico, The Floating Piers – l’installazione d’arte contemporanea più celebre del momento – è diventata già una tesi di laurea che verrà discussa dopo la chiusura ufficiale dell’opera. A scriverla è stata Martina Tomasoni, studentessa del corso di laurea Stars all’Università

«Sono giunta a scegliere Christo e Jeanne-Claude e la loro opera The Floating Piers come argomenti della mia tesi perché, studiando la storia dell’arte contemporanea, ho trovato molto interessante la corrente della Land art – racconta Martina penso sia l’arte del futuro, che pone l’attenzione sul paesaggio, sulla salvaguardia di esso, sulla riscoperta degli elementi naturali e ci riporta alla realtà, alle cose concrete, specialmente in questi tempi in cui tutto è virtuale e assolutamente lontano dalla concretezza della vita. Approfondendo questo argomento però, ho compreso che Christo e Jeanne-Claude, partendo dai principi della Land art hanno sviluppato un’arte unica a sé stante: essi sono riusciti non solo a riportare l’attenzione sulla natura, ma hanno saputo rendere scultura tutto ciò che fa parte di un paesaggio (in molti casi anche urbano), un’opera d’arte “a tutto tondo”, che fa realmente riscoprire cose che diamo per scontate e che, probabilmente, distruggeremo nel giro di pochi decenni se non attueremo un piano di sviluppo sostenibile. Trovo quindi di fondamentale importanza che l’arte dei giorni nostri si soffermi sulle problematiche attuali, per promuovere un pensiero critico nelle nuove generazioni».

Durante la gestazione dell’installazione, avvenuta tra New York dove ha sede lo studio dell’artista e il Sebino, Christo ha risposto ad alcune domande di Martina, e ha affermato: «The Floating Piers non è questione solo di acqua o terra! Ciò che mi affascina è il contrasto tra questi due elementi, la loro diversa fisicità: l’acqua è un fluido e la terra è un solido. Sono molto interessato al dinamismo dell’ambiente, e di nuovo la combinazione di tutto ciò che ruota attorno a quel particolare ambiente. Non è solo un progetto basato sull’acqua, è l’unione di più cose: le rocce, l’acqua, i cubi della passerella, il paesaggio, le colline, i turisti, gli animali… Il mio progetto non è un classico progetto, come ad esempio lo potrebbe essere un’architettura! Tutti i miei lavori sono l’insieme di molti fattori».

Una commistione di fattori che ha caratterizzato anche gli anni della formazione dell’artista, come lui stesso ha ricordato: «Nel 1953 mi iscrissi all’Accademia nazionale delle belle arti di Sofia, in Bulgaria. Successivamente ho frequentato anche altre accademie, per un totale di otto anni. Nel primo anno ho studiato di tutto: architettura, scultura, disegno e persino due semestri sulla scoperta del corpo umano. Dopo il primo anno si deve decidere in cosa ci si vorrebbe specializzare, ma io non sapevo decidere e tutt’ora non so cosa voglio essere! Ritengo che per realizzare delle opere tutti i tipi di arte siano indispensabili, o perlomeno molti dei progetti sono l’unione delle diverse forme d’arte».