«Ci vuole presunzione. In Italia non siamo abituati a parole così forti, ma è il solo modo per realizzare qualcosa che lasci il segno», afferma Maria Pia Calzone, l’attrice che in Gomorra. La serie interpreta Donna Imma Savastano, la moglie del boss. «Quella di Sky è un’impresa importante, nei due significati del termine: certo, quello dell’attività economica; ma anche la scelta di una strada diversa, di qualità», le fa eco Marco D’Amore, che sempre in Gomorra interpreta Ciro Di Marzio, detto “L’immortale”.

I due attori sono intervenuti a sorpresa alla presentazione del volume Tutta un’altra fiction. La serialità pay in Italia e nel mondo (a cura di Massimo Scaglioni e Luca Barra, Carocci editore), il 17 giugno nella Cripta Aula Magna dell’Università Cattolica. I due protagonisti del più recente successo nella fiction originale di Sky Italia hanno fatto da contrappunto a una discussione che ha provato a ragionare sulle ragioni che spingono gli operatori di pay tv a investire su un genere fino a qualche anno fa di esclusivo appannaggio delle generaliste, e sul modello economico e produttivo che – per prova ed errori – si sta cercando di mettere in pratica, anche sulla scia di simili esperienze internazionali, dai soliti Stati Uniti all’Europa.

Nella vivace discussione moderata dal giornalista e scrittore Edoardo Camurri, Aldo Grasso, docente di Storia della televisione, ha sottolineato per le fiction pay, e per Romanzo criminale e Gomorra in particolare, la qualità di un processo produttivo che, a livello di scrittura come poi di recitazione, regia e montaggio, consente di distaccare questi titoli dalla sciatteria di molte fiction italiane e di «togliere l’aggettivo “americana” dalla parola serialità».

Sulla stessa linea Mariarosa Mancuso, critico de Il Foglio, che si è soffermata sul ribaltamento della scala di valori consueta che fa sì che ormai «litighiamo sempre meno sui libri o sui film, e sempre più su serie come queste». Andrea Scrosati, executive vice president di Sky Italia, ha sottolineato come questi prodotti siano il risultato di valutazioni editoriali legate a un pubblico che paga un abbonamento, e quindi è alla ricerca di qualcosa di esclusivo, ma anche del coinvolgimento di professionisti sempre di ottimo livello in ogni fase della produzione.

La parola è poi passata ai produttori: sul fronte Sky, Nils Hartman ha ribadito la necessità di differenziarsi dai competitor, con il motto «if it works for Mediaset or Rai, it ain’t good for Sky». Sul versante delle case di produzione, Riccardo Tozzi di Cattleya (Romanzo criminale, Gomorra), Lorenzo Mieli di Wildside (In Treatment, 1992) e Carlo degli Esposti di Palomar (I delitti del BarLume, ma anche i generalisti Montalbano e Braccialetti rossi) hanno spiegato come i progetti portati avanti con l’operatore pay li abbiano portati a definire nuovi modelli produttivi, per esempio con l’individuazione di uno showrunner, figura plenipotenziaria di coordinamento, sul modello americano, o con l’estrema attenzione a tutte le fasi del lavoro, dal finanziamento e dalla prima stesura fino alla messa in onda e alle strategie promozionali.

Con questa tavola rotonda sulla fiction sono cominciati i cinque giorni di eventi, incontri e dibattiti intorno al convegno internazionale di Necs, lo European Network for Cinema and Media Studies. Tra il 17 e il 18 giugno, il Graduate Workshop di Necs ha radunato decine di giovani studiosi, sviluppando la discussione sui temi del rapporto tra la città e i media e avvalendosi del contributo della curatrice Tatiana Bazzichelli sui flussi e i network che investono una capitale europea come Berlino.

Nella giornata del 18 giugno si sono svolti la plenaria e i gruppi di discussione di HoMer – History of Moviegoing, Exhibition, and Reception, il gruppo di ricerca sulla storia e sulle evoluzioni digitali della fruizione cinematografica: Francesco Casetti (Yale University) ha suggerito la necessità di ripensare l’esperienza filmica, sempre più performativa, e di raccogliere dati e teorie; Elisa Ravazzoli (Eurac) ha invece sottolineato l’importanza di una prospettiva geografica, e di rinnovati strumenti. Infine, in serata, il Chiostro del Bramante del Piccolo Teatro Grassi è stato lo spazio di un’apertura del convegno alla città di Milano, con una tavola rotonda su uno dei suoi punti di forza nel mondo: le industrie creative, il made in Italy e le strategie di brand della moda, del design e dei media di rilievo internazionale.
La full immersion nel mondo dei media continua fino a sabato in diversi luoghi milanesi. Si può consultare il programma sul sito di Necs: http://necs.org/conference/programme/res/programmedef.pdf