Mangiare sano serve anche a prevenire e aiutare nella cura dei tumori. L’Oms dichiara le carni trattate o lavorate come quelle più pericolose per l’uomo, inserendole nel gruppo 1 per rischio cancerogeno. Si stima che almeno il 30% dei tumori sia causato da comportamenti alimentari errati (come consumo eccesivo di carni rosse, basso consumo di frutta e verdura). Questa quota è quindi ampiamente prevenibile con una dieta appropriata.

Ricerche effettuate presso l’Università Cattolica e il Policlinico A. Gemelli (nell’ambito del Rapporto Osservasalute, sviluppato dai ricercatori dell'Istituto di Sanità Pubblica della Cattolica) hanno evidenziato che in Italia esiste un gradiente geografico Nord-Sud nella frequenza di tumori, e questo in parte è dovuto a differenze nella tipologia e nella quantità degli alimenti consumati. Anche la crisi economica in atto incide sulle abitudini alimentari degli italiani, con tendenza al progressivo abbandono della dieta mediterranea e aumento di consumo - soprattutto tra le fasce sociali più deboli e gli anziani - di alimenti meno costosi e insalubri, che aumentano il rischio di numerose malattie tra cui i tumori.

Un gruppo di ricercatori della Cattolica è impegnato a identificare specifici bersagli molecolari degli acidi grassi omega-3, di cui sono ricchi pesci come il salmone e il pesce azzurro, sulle cellule tumorali del cancro del colon e del melanoma (tumore della pelle), nutrienti che potrebbero anche contribuire a rallentare la crescita tumorale. «Con queste conoscenze in futuro tali nutrienti potrebbero essere impiegati oltre che nella prevenzione, anche nella terapia dei tumori», spiega la professoressa Stefania Boccia, direttore della Sezione di Igiene, Istituto di Sanità Pubblica.

«Inoltre, diversi studi condotti presso i nostri laboratori, anche in collaborazione con gruppi di ricerca internazionali, hanno messo in luce una riduzione del 40% del rischio di tumore della bocca e della gola per chi assume alimenti che contengono vitamine del gruppo B (quali carciofi, lattuga, broccoli, ma anche legumi) e carotenoidi (per esempio carote, peperoni, ma anche spinaci)» aggiunge la professoressa. Si noti che il cancro della bocca e della gola, legato soprattutto al consumo di alcol e al fumo, è tra i dieci tumori più frequenti in Italia. «Altri nostri studi hanno evidenziato un aumento del rischio di tumore dello stomaco e del fegato derivante dal consumo di alimenti grigliati, soprattutto in soggetti portatori di alcune varianti genetiche ‘sfavorevoli’. Questo apre la strada alla nutrigenomica, settore di studio che vede impegnati diversi ricercatori».

Un aspetto critico è come motivare i cittadini ad alimentarsi in maniera corretta. Le politiche sanitarie sicuramente influenzano i consumi, agendo sui costi delle materie prime o ancora tramite gli strumenti dell‘educazione sanitaria condotta già nelle scuole primarie.

Tuttavia è estremamente difficile influenzare le scelte individuali. È per questo che numerose ricerche tra cui alcune condotte nel contesto del progetto europeo Marie Curie-RISE PRECeDI coordinato dalla Università Cattolica, stanno cercando di capire se nelle persone più a rischio di malattia (es. persone con familiarità per tumori o obesità) la conoscenza del proprio assetto genomico possono determinare scelte alimentari più “salutari”.

«Alcuni lavori pubblicati di recente ma non condotti in Italia, mostrano che nel momento in cui un individuo scopre dall’analisi del proprio genoma di essere più o meno predisposto allo sviluppo di una certa patologia frequente in famiglia, questo determina una modifica sostanziale nel cambiamento delle abitudini alimentari, rispetto a chi non ha questa informazione aggiuntiva» conclude la professoressa Boccia. «Servono tuttavia studi più ampi da condurre nella popolazione italiana, per capire fino a che punto la conoscenza del proprio genoma possa motivare veri cambiamenti nello stile di vita alimentare».