«La storia di Tiziana è una storia di imprudenza. Se avessimo pensato a “educare” oggi non ci troveremmo a commentare fatti tragici come quelli di questi giorni». È uno dei passaggi di questo video-intervento in cui il direttore del centro di ricerca sull’Educazione ai media, all’informazione e alla tecnologia (Cremit) Pier Cesare Rivoltella, docente di Didattica e tecnologie dell’istruzione alla facoltà di Scienze della formazione, commenta i fatti di cronaca di questi giorni, a partire dalla vicenda della ragazza napoletana che si è suicidata per un video hard diventato virale sul web.

Prudenza, giustizia, responsabilità ed educazione sono le parole/virtù su cui, secondo il professore, bisogna lavorare. «Abbiamo ancora bisogno di educare: soprattutto dove la vita individuale si sposa con quel tessuto connettivo che sono i social oggi».

CHIARA GIACCARDI: DALL’INTIMITÀ ALL’ESTIMITÀ

«È stata la Tv a dare inizio a una riconfigurazione della geografia della vita sociale, sganciando l’esperienza dal luogo, riscrivendo i modi della vicinanza e della lontananza, rendendo pubblico il privato» scrive Chiara Giaccardi, docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi alla facoltà di Lettere e filosofia, nell’editoriale di “Avvenire” del 16 settembre 2016. 

«Con i social media questo processo si radicalizza: desideriamo raccontarci (l’atteggiamento di “estimità” ed estroflessione che è il contrario dell’intimità) e pensiamo di essere in una stanza a parlare coi nostri amici, mentre invece siamo su un palcoscenico senza confini» prosegue la professoressa. «Viviamo di fatto come in un palazzo di vetro, dove tutti vedono tutti. E questo crea un problema. Noi negoziamo infatti le nostre identità nelle relazioni con gli altri, in contesti diversi che richiedono una capacità di sintonizzarsi e assumere comportamenti appropriati; e questo implica la possibilità di rivelarci selettivamente ai diversi "pubblici". Non è, si badi bene, una forma di ipocrisia, bensì di consapevolezza delle differenze. Non si sta in famiglia come sul lavoro, non ci si comporta a una festa come a un funerale».  

«Oggi la gestione consapevole del nascondere/mostrare è diventata molto più difficile» conclude Chiara Giaccardi. «E non è un caso che l’universo social stia privilegiando le applicazioni che consentono un’interazione più “privata”, più intima, più simile ai tradizionali contesti faccia a faccia: il tentativo è quello di suddividere di nuovo in stanze separate l’open space creato dai social media, di ripristinare la pluralità dei contesti. Ma siamo ancora lontani, e i rischi non mancano comunque. Con i social media, in ogni caso, il broadcasting del sé raggiunge una scala molto ampia, lasciando tracce permanenti e recuperabili nel tempo, la cui accessibilità è al di fuori del nostro controllo. Esserne consapevoli è fondamentale».


Per approfondire

Comunicazioni sociali numero 2/2016

Il professor Pier Cesare Rivoltella è autore, insieme a Simona Ferrari, Andrea Veronelli ed Ermanno Nardi, dell’articolo Social & Theatre. Body and Identity Education in Sexting Prevention (sexting è un neologismo utilizzato per indicare l'invio di messaggi, testi e/o immagini sessualmente espliciti, principalmente tramite il telefono cellulare) pubblicato sul numero 2/2016 della rivista “Comunicazioni Sociali” intitolato Bodies Exposed.