Una politica fiscale mirata sui prodotti meno sostenibili a livello ambientale potrebbe ridurre del 19% in Italia le emissioni derivanti dai processi di produzione e consumo agro-alimentare. Senza pesare sulle tasche dei consumatori. Orientandoli, anzi, a comportamenti alimentari più salutari e rispettosi dell’ambiente. È quanto emerge dal progetto di ricerca europeo Susdiet - Understanding consumer behaviour to encourage a (more) sustainable food choice, appena concluso, che ha coinvolto studiosi di 9 Paesi e di aree multidisciplinari diverse.

Paolo SckokaiMa c’è di più. Secondo Paolo Sckokai - che ha guidato il team di ricercatori della facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali del campus di Piacenza che ha partecipato alla ricerca - poiché produzione e consumo agro-alimentare generano il 20-25% delle emissioni complessive di CO2, tassare i prodotti meno sostenibili potrebbe ridurle di un ulteriore 4-5% con un impatto significativo sull’effetto serra.

Obiettivo di Susdiet è stato definire modelli di diete “sostenibili” dal punto di vista economico, nutrizionale e ambientale per identificare gli strumenti di politica economica e alimentare in grado di indirizzare le scelte dei consumatori Ue. «Il progetto ha messo in evidenza la difficoltà a influenzare le scelte di consumo alimentare mediante politiche basate sulle informazioni nutrizionali e sui marchi», spiega il professor Sckokai. «Le scelte alimentari e la dieta hanno una componente molto forte legata alle abitudini e alle tradizioni, per cui le politiche di informazione dei consumatori tendono a essere poco efficaci. Molti esperimenti condotti nell’ambito del progetto hanno messo in evidenza questa sorta di “resistenza al cambiamento” delle scelte di consumo, in diversi contesti (super/ipermercati, mense, ristoranti…) e in diversi Paesi europei». 

Una resistenza al cambiamento riscontrata anche in relazione alle informazioni sull’impatto ambientale delle produzioni alimentari, in particolare a quelle relative alle emissioni di CO2, visto che nell’ambito del progetto Susdiet l’unità di ricerca della Cattolica si è occupata soprattutto dell’analisi dell’impatto delle informazioni nutrizionali e delle politiche fiscali. «Nonostante la crescente sensibilità generale dei consumatori a questi temi - aggiunge il docente - difficilmente questo si traduce in cambiamenti rilevanti delle scelte di consumo alimentare».

Le difficoltà a orientare i consumatori verso diete più sostenibili mediante politiche basate sull’informazione ha spinto i ricercatori della Cattolica ad analizzare l’impatto potenziale della tassazione dei prodotti meno sostenibili, sulla scorta di esperienze che sono già state applicate in altri Paesi: dalla tassa sulle bevande gassate zuccherate negli Usa e in Francia a quella sui grassi in Danimarca, solo per citare qualche esempio. 

«In particolare abbiamo simulato l’impatto di una tassa sugli alimenti a più alto contenuto di emissioni di CO2, che, com’è noto, sono i prodotti di origine animale» continua il docente della Cattolica di Piacenza. «Gli schemi di tassazione che abbiamo simulato non prevedono un aumento del carico fiscale sui cittadini, e quindi nessun impatto sulle loro tasche, ma una compensazione tra categorie di alimenti: se si tassano i prodotti di origine animale, di cui ovviamente aumenta il prezzo finale, contemporaneamente si sussidiano i prodotti a basso impatto ambientale (frutta, verdura, derivati dei cereali), per i quali i consumatori possono beneficiare di un prezzo più basso». 

Le simulazioni effettuate hanno portato a risultati piuttosto diversi nei paesi Ue, considerando che la dieta dei cittadini europei è molto diversificata. Se per esempio guardiamo all’Italia, osserva Paolo Sckokai, «l’impatto potrebbe essere piuttosto rilevante: la riduzione delle emissioni derivante dai processi di produzione e consumo agro-alimentare potrebbe ridursi fino al 19%. Inoltre, si registrerebbe un miglioramento della qualità della dieta piccolo ma significativo (un miglioramento di due punti di un indice di qualità della dieta che varia fra 0 e 100), legato al minor consumo di nutrienti che hanno un impatto negativo sulla salute (zuccheri, sale, grassi saturi)». 

Quanto agli altri Paesi europei, nel Regno Unito l’applicazione della tassa porterebbe a cambiamenti piuttosto rilevanti, mentre in altri Stati studiati nel progetto, vale a dire Francia, Spagna e Finlandia, l’impatto della tassazione sarebbe più limitato. Ma il docente avverte: «Il progetto non prende posizione relativamente all’auspicabilità o meno di strumenti fiscali in questo campo. Susdiet mette semplicemente a disposizione dei policy maker i risultati delle simulazioni, perché possano valutarne l’impatto, lasciando le eventuali decisioni a chi ne ha la responsabilità».