“Sono figlio di fornai, ma ho sempre avuto il pallino per la pasta fresca. Così io, ultimo di 3 figli, ho deciso di fare altro. Quando ho iniziato negli anni Sessanta mi occupavo personalmente della pasta e tre donne (di cui una era la mia fidanzata) preparavano il ripieno. Consegnavo personalmente la mia pasta ripiena a bordo di una moto Guzzi, mia madre non era d’accordo, mi prendevano per matto. Oggi io e mio figlio diamo lavoro a oltre tremila dipendenti”.

Il messaggio è stato forte chiaro: per Giovanni Rana, uno dei leader mondiali del settore alimentare, re indiscusso di pasta fresca e tortellini, le idee e i sogni contano ancora.

Già perché “le idee battono il capitale e la dimostrazione di questo l’ho avuta dal fatto che, di tante multinazionali, ne è rimasta una sola a competere nel mio settore”.

Una storia imprenditoriale e, al contempo, umana quella dell’imprenditore veronese, ospite d’eccezione al Career Day della sede bresciana dell’Ateneo per portare la propria testimonianza e lanciare un messaggio agli studenti e ai futuri laureati presenti.

Introdotto dai saluti del direttore di sede Giovanni Panzeri e del prorettore Mario Taccolini, e dall’introduzione della professoressa Monica Amadini, Rana ha affascinato la platea con un racconto attraverso le epoche, il tempo, lo spazio e… i numerosi cambiamenti sociali, economici e culturali cui un’azienda, per sopravvivere e rimanere competitiva sul mercato, deve comprendere e far fronte.

Verona, anni Sessanta. Un giovanissimo e lungimirante Rana inizia a produrre pasta fresca ed è un successo tra le casalinghe che avevano iniziato a lavorare. Lo stesso Rana svilupperà, in collaborazione coi produttori di macchinari, migliorie nelle apparecchiature per l’impasto e il tiraggio della pasta.

Negli anni Ottanta, dopo uno straordinario successo ottenuto partendo praticamente dal nulla, l’azienda ha cominciato ad essere oggetto di contesa delle grandi industrie: Nestlè, Kraft, Barilla e Star iniziarono a buttarsi nella pasta fresca e alcune di quelle che si sono fatte avanti per acquistare la sua azienda.

Rana ricorda: “Pietro Barilla, intendeva acquistare una quota pari al 30%. Ma io gli ho risposto di no. Mio figlio Gianluca stava finendo di studiare per venire a lavorare da me, aveva una grande passione ed era molto bravo. E poi io mi divertivo e non avevo intenzione di smettere”.

Buon sangue non mente, e così, grazie all’entusiasmo e alle competenze del figlio, è arrivata la svolta sul mercato internazionale. Non solo Europa: anche America, Cina, Russia, Giappone.

“Per il mercato statunitense produciamo tortelli da 80 gr l’uno e vasi di sugo tre volte grandi quelli che troviamo sui nostri scaffali in Italia, in Cina non apprezzano molto la carne ma amano i ripieni di verdure. Ogni mercato ha gusti ed esigenze diversi. Per intercettare e comprendere al meglio gusti e bisogni abbiamo assunto un team di psicologi e istituito un reparto ricerca e sviluppo”.

Ed è proprio qui, secondo Rana, che sta la grande differenza rispetto a qualche decennio fa: “Quando ho iniziato io – racconta – ogni mestiere era fatto da una sola persona che portava a termine l’intero processo, oggi invece per realizzare un prodotto - e fare in modo che abbia senso sul mercato - occorrono numerose e diversificate specializzazioni e figure professionali”