di Velania La Mendola

“Come in un sabato sera italiano
Che sembra tutto perduto, poi ci rialziamo”.

Ferruccio Parazzoli, Happy HourInizia con questa citazione di Lorenzo Cherubini/Jovanotti il nuovo libro di Ferruccio Parazzoli, classe 1935, intitolato Happy Hour (Rizzoli). Scrittore di lungo corso, colonna dell’editoria italiana in una carriera che dai chiostri dell’Università Cattolica l’ha portato alla Mondadori, Parazzoli ci regala un romanzo che ha per protagonista proprio un professore immaginario del nostro Ateneo, un docente di letteratura francese, che terminata la lezione, in una calda giornata d’estate, s’incammina verso corso Buenos Aires per “l’ora felice” dell’aperitivo. 

Si presenta così al lettore: «[…] il mio nome è Mario, niente di eccezionale, la sorpresa sta nel cognome: Spinoza, come il grande Baruch, quello che costruisce Dio nella penombra, un ebreo dai tristi occhi e dalla pelle olivastra, come lo definisce Borges».

Lo stile della scrittura, che scorre veloce tra parole perfettamente cesellate su ogni riga, trasmette l’inquieta stanchezza del professore, voce narrante che già dall’incipit – mentre descrive Milano - fa presagire un’aria mortifera, quella di un consumismo spietato, che divora, ingoia e rilascia rifiuti, nella stessa calca di un flusso senza fine dove si mescolano ricchi e poveri, vivi e morti. È “un male di vivere” che sfocia presto in una serie di suicidi inspiegabili che inondano la città che viene messa in quarantena, come per una epidemia. Si salvano solo i migranti, gli ultimi, i più deboli.

È un romanzo che racconta i punti deboli del nostro tempo, senza giudizi ma cercando una strada, in un caleidoscopio milanese dove non mancano bacchettate alle istituzioni o ai media (la tv ad esempio è definita «la matrigna solerte di tutte le disgrazie, tutte le piange e tutte le dimentica»), e dove Parazzoli “rischia” da ottimo narratore il confronto con l’epoca in cui siamo immersi. I dialoghi, mai banali, non hanno paura di tirare in causa Camus, un po’ Balzac e un po’ Shakespeare, bagliori di luce di un fitto tessuto letterario, che attraversa anche la Bibbia e Marx.