di Roberto Cauda*

Le agenzie giornalistiche di tutto il mondo riportano in questi giorni la notizia che è nuovamente in corso un’epidemia di Ebola in Congo, epidemia iniziata sottotraccia da circa un anno e ora esplosa in modo evidente, tanto da indurre l’Organizzazione Mondiale della Sanità a dichiarare che si tratta di una “emergenza globale”.

L’area colpita è quella delle province di Kivu e Ituri, nel Nord-Est del Congo in prossimità del confine con il Ruanda. Questa è un’area remota e difficile da raggiungere, con in atto residui focolai di guerriglia, che rendono l’intervento sanitario estremamente problematico. Al momento, sono stati segnalati 2.522 casi e 1.698 decessi con una media di 80 casi alla settimana, con oltre 700 bambini colpiti. Motivo di grande preoccupazione è stata anche la recente segnalazione di un caso nella città di Goma, con circa un milione di abitanti, provvista di un aeroporto internazionale ed importante centro commerciale, con passaggio ogni giorno di migliaia di persone provenienti dalle aree limitrofe.

L’attuale epidemia è l’ultima in ordine di tempo a manifestarsi nel continente africano da quando, nel 1976, fu segnalato il primo focolaio epidemico nell’aera del fiume Ebola nell’allora Zaire. Da allora varie epidemie si sono susseguite; l’ultima, la più grave, si è protratta dal 2014 al 2016 ed ha contato 28.652 casi con 11.325 decessi. In questa epidemia sono stati coinvolti alcuni paesi africani - Liberia, Sierra Leone e Guinea - anche se singoli casi di importazione si sono manifestati negli Stati Uniti e in alcuni paesi europei tra cui l’Italia.

In Congo sono scattate le misure di contenimento dell’epidemia, anche se, come sopra accennato, la particolarità dell’area interessata dalla malattia complica l’intervento sanitario. Rispetto al passato è disponibile un vaccino e oltre 161.000 persone lo hanno già ricevuto. Trattandosi di un’area remota del Paese, molte persone non hanno tuttavia accesso alla vaccinazione, contraggono la malattia e muoiono nei villaggi, favorendo il persistere della diffusione dell’infezione. Oltre all’impegno delle Istituzioni sanitarie in Congo, si registra un’allerta a livello internazionale con controlli serrati negli aeroporti allo scopo di prevenire la diffusione dell’infezione al di fuori dell’area colpita.

È opportuno ricordare che la malattia da virus Ebola è una malattia molto grave con alta percentuale di mortalità (dal 40 al 60%). La modalità di trasmissione diretta del virus richiede l’isolamento dei malati e la protezione, con adeguati strumenti, di chi se ne prende cura. È importante ricordare che anche durante quest’ultima epidemia, molti operatori sanitari hanno contratto il virus Ebola e sono deceduti. Anche se, nel nostro Paese al momento non sussistono elementi di allarme è opportuno che si approntino, come già avvenuto nelle passate epidemie, tutte le misure atte a prevenire e fronteggiare eventuali casi di importazione.

*Professore Ordinario di Malattie Infettive all'Università Cattolica