Dalla comunicazione teatrale – contraddistinta dall’hic et nunc della rappresentazione – all’attuale promozione di contenuti e prodotti in streaming, visibili comodamente da casa a tutte le ore del giorno, grazie a quella progressiva smaterializzazione del supporto che ha rivoluzionato il sistema di distribuzione e fruizione di programmi d’intrattenimento televisivo. Nel mezzo, l’avvento delle Pay-TV, il digitale terrestre, l’esplosione dei contenuti on demand.

Un susseguirsi di cambiamenti e innovazioni la cui puntuale comprensione delle dinamiche è alla base della carriera internazionale di Barbara Ferrieri, laureata in Filosofia delle comunicazioni sociali con una tesi in Drammaturgia teorica al campus di Milano, appena rientrata in Italia da Amsterdam nel ruolo di Originals Publicity Director Italia e Grecia per Netflix, il più grande servizio di intrattenimento in streaming del mondo, con 195 milioni di abbonati paganti che guardano serie televisive, documentari e film in un'ampia varietà di generi e lingue.

Barbara parlaci del tuo lavoro e di cosa ti occupi quotidianamente…
«Sono responsabile dell’Ufficio stampa dei contenuti originali che Netflix lancia sul mercato italiano. Questo significa che insieme al mio team mi occupo di elaborare strategie di comunicazione per promuovere i nostri show sui media - della carta stampata all’online e TV - per creare attenzione e stimolare una conversazione attorno ai contenuti prodotti dall’azienda, ad esempio show, serie tv come Suburra, film come "The Irishman" di Martin Scorsese o “La vita davanti di sé” con Sophia Loren, in uscita a breve. Non solo carta stampata quindi, oggi la conversazione si esprime anche tramite il tweet di un giornalista autorevole o attraverso le community. Parte del nostro lavoro, inoltre, riguarda la relazione con talent come registi e attori per il lancio del prodotto».

Durante il periodo lockdown il tuo ruolo è stato un osservatorio privilegiato per monitorare incrementi e cambiamenti d’approccio al settore delle TV in streaming. Quali tendenze avete riscontrato?
«L’essere costretti entro le mura domestiche ha portato la stragrande maggioranza delle persone ad incrementare il consumo di intrattenimento, non solo TV in streaming ma anche radio o canali TV normali. Conseguentemente anche la fruizione dei contenuti di Netflix si è ampliata e la platea di pubblico s’è allargata, e chi non aveva ancora scoperto gli Ott l’ha fatto in questa occasione (Over-the-top, ovvero le media company che offrono servizi e contenuti direttamente via Internet bypassando i sistemi di distribuzione tradizionali, nel caso della televisione il digitale terrestre o il satellitare dove gli utenti possono vedere solo ciò che è trasmesso in quel momento, ndr). Ci piace pensare di aver tenuto compagnia alle persone, di aver aperto una finestra sul mondo. Oggi siamo in attesa dell’apertura della nuova sede di Roma, che non ha ancora una data precisa a causa della situazione pandemica ma che è comunque segno di come il Paese risponda con interesse ai nostri contenuti e di quanto l'Italia sia un paese importante per Netflix».

Pertanto il lavoro tuo e del tuo team non s’è arrestato nemmeno nel periodo più critico
«Sono cambiate le modalità. L’avvento del Covid ci ha indotto a scoprire modi alternativi di comunicare, virtuali e non in presenza. Dalle interviste in video-call alle conferenze stampa tramite piattaforme come Zoom, è molto probabile che in futuro queste opportunità continueranno ad integrare le attività in presenza».

Quali sono gli step che ti hanno portata a costruire la tua carriera?
«Il mio arrivo negli uffici di Netflix, 3 anni fa, ha coinciso col mio trasferimento ad Amsterdam. Ma partiamo dall’inizio: dopo la laurea sentivo la forte esigenza di fare qualcosa di meno teorico e più pratico, la mia forma d’arte d’elezione era il teatro, pertanto mi iscrissi alla scuola Paolo Grassi di Milano. Da lì ho iniziato a lavorare per il Centro di Ricerca per il Teatro (CRT) ed ho capito di essere portata per l’attività di ufficio stampa, comunicazione con i media e il pubblico. All’epoca snobbavo la TV, preferivo nettamente teatro e cinema eppure - ironia della sorte - in quel momento Tele+, la prima Pay TV, stava creando il nuovo team comunicazione e mi assunsero per occuparmi dei programmi culturali e i documentari d’autore. Quando Tele+ si fuse con Stream e divenne Sky, iniziai ad occuparmi di intrattenimento a 360°, non più solo programmi culturali ma anche film e serie. Decisi poi di passare a Discovery Italia: un’azienda a quel tempo più piccola, poteva sembrava un salto controproducente per la carriera, ma in quel contesto avevo maggiori possibilità di crescita, io ero la responsabile e avevo un piccolo team di lavoro che poi si è ampliato. Nel giro di pochi anni Discovery esplose lanciandosi sul digitale terrestre, e di conseguenza fui catapultata dalla Pay TV ai canali free. Lo step successivo fu approdare a Netflix, e ai servizi on-demand e streaming».

Quali delle competenze acquisite sui banchi dell'Università Cattolica ti porti appresso nella tua attuale professione e quali invece è necessario continuare ad aggiornare?
«La conoscenza della storia e dell’evoluzione di un settore permettono di leggere e comprendere al meglio il presente e fare previsioni per il futuro. Per questo corsi come Drammaturgia teorica, storia del cinema e del teatro sono stati strumenti formidabili per codificare ciò che osservavo ed elaborare una mia percezione del prodotto e delle dinamiche con cui approcciarlo. Ancora oggi, più passa il tempo e più mi rendo conto di come una solida preparazione accademica alleni a capire come leggere i fenomeni. Ad essermi mancato è forse il contatto pratico con le professioni del mondo dello spettacolo – dalla regia alla sceneggiatura, il dietro le quinte con gli attori di uno show o di un film – che ho quindi ho giocoforza allenato sul campo».

Hai qualche consiglio per gli studenti che aspirano ad una carriera similare alla tua?
«Essere sempre curiosi e andare alla ricerca di situazioni che interessano. Occorrono caparbietà e pazienza: talvolta si ha l’impressione di fare passi indietro o di essere in un periodo di stallo, ma se si intravede un percorso potenzialmente giusto serve perseverare. È molto importante darsi tempo per imparare, anche osservando chi ha più esperienza di noi. Altro fattore da non trascurare: le lingue. In mondo così globalizzato oggi anche l’azienda più piccola si trova a doversi confrontare con l’estero, e noi italiani da questo punto di vista - forse anche a causa del nostro sistema scolastico – siamo più indietro rispetto alle altre nazioni».