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La Fase 3 e il nodo dell’istruzione

Analisi La Fase 3 e il nodo dell’istruzione È preoccupante l’assenza di attenzione del legislatore nei confronti di un tema, come la scuola, che dovrebbe essere un elemento fondante di ogni società, ancor di più in questo momento di ricostruzione. L’articolo del prof Paolo Balduzzi su Il Messaggero 08 giugno 2020 Paolo Balduzzi , ricercatore di Scienza delle finanze, affronta il tema dell’istruzione, ricordando in particolar modo come la questione ancora una volta non abbia rappresentato una priorità né durante l’emergenza sanitaria legata al Covid-19 né nella fase della ripresa del Paese. Non che prima dell’emergenza coronavirus il tema scaldasse particolarmente il cuore del legislatore (quello in carica e molti di quelli che lo hanno preceduto). Basta uno sguardo alle cifre per ricordarci che l’istruzione, ad ogni ordine e grado, non è certo mai stata una priorità: la spesa per l’istruzione in rapporto al Pil è infatti inferiore al 4% nel nostro Paese, ben al di sotto della media Ue (5%). A poco serve ricordare che siamo il Paese più anziano dell’Unione Europea (e il secondo al mondo), perché anche guardando ai dati pro capite aggiustati per l’età la situazione resta drammatica e migliora solo di poco. Volendo poi andare oltre alle cifre, che ovviamente raccontano solo una parte della realtà, la cronaca di questi ultimi mesi ci ha raccontato la storia di un Paese che ha dovuto affrontare molte difficoltà, che ha saputo meritoriamente risolverne alcune ma che non ha voluto occuparsi davvero di altre. L’ultimo esempio di questa atavica pigrizia del legislatore sul tema è la sorte del cosiddetto “decreto scuola” che, per colpevole indecisione e divisione della maggioranza, nonché per colpevole ostruzionismo dell’opposizione, rischia di decadere se non verrà definitivamente approvato entro domenica.

 

La società signorile di massa secondo Luca Ricolfi

Milano La società signorile di massa secondo Luca Ricolfi Lunedì 20 gennaio in Università Cattolica un incontro a partire dall’ultimo libro del politologo. Al dibattito parteciperanno sociologi e economisti dell’Ateneo 17 gennaio 2020 Tra i pilastri che consentono alla società in Italia di funzionare c’è il ruolo dell’istruzione. Secondo Luca Ricolfi, autore de La società signorile di massa , edito da La nave di Teseo, questa ha abbassato enormemente la sua produttività in termini di qualità. È uno dei temi che sarà affrontato durante l’omonimo incontro lunedì 20 gennaio in largo Gemelli , promosso dal dipartimento di Sociologia (Cripta dell’Aula Magna, ore 14.30). Il risultato di questo abbassamento della qualità - ha dichiarato il professor Giancarlo Rovati , docente di Sociologia generale dell’Ateneo - è quello di allungare i tempi della preparazione non per acquisire più informazioni ma per riuscire ad accumulare quello che le generazioni precedenti ottenevano per tempo. Di pari passo aumenta la disoccupazione volontaria perché la scolarizzazione di massa ha alzato le aspettative di arrivare a posti di prestigio ben remunerati ma al tempo stesso non ha preparato i giovani adeguatamente». Al dibattito con l’autore, dopo i saluti di Marco Lombardi , direttore del Dipartimento di Sociologia, parteciperanno i professori dell’Università Cattolica Angelo Moioli di Storia economica, Italo Piccoli di Sociologia, Giancarlo Rovati.

 

Il governatore Visco: investire nell’istruzione

Tra i relatori monsignor Mario Delpini, arcivescovo di Milano, e monsignor Nunzio Galantino , presidente Apsa by Katia Biondi | 03 febbraio 2020 «È necessario un adeguato investimento nell’istruzione per affrontare l’incertezza che circonda il lavoro e le competenze che avranno rilevanza nel futuro». Questo perché «abbiamo bisogno di scuole che non solo siano dotate di strumenti tecnologici avanzati, ma che siano anche attrattive e confortevoli». L’incontro si è aperto con i saluti istituzionali di Anna Maria Tarantola, presidente della Fondazione Centesimus Annus, che ha introdotto l’intervento di monsignor Mario Delpini , arcivescovo di Milano. Il tema oggi in discussione dà la percezione di una emergenza: le competenze acquisite nella formazione universitaria rischiano di essere una merce in vendita al miglior offerente che le compra solo perché funzionali al profitto e al potere». Per questo, ha continuato l’arcivescovo di Milano, l’iniziativa promossa dalla Centesimus annus «è mossa da un’intuizione di un percorso promettente affinché nelle università si promuova non solo competenza ma anche educazione e che queste si inseriscano in un orizzonte di valori. In Università Cattolica parlare di contesto educativo è abituale, come il formare l’uomo quale protagonista di una storia che renda percepibili i valori». Come ricorda il World Human Forum , ha concluso monsignor Galantino l’educazione è tra i «fattori che porta alla felicità insieme con il reddito, la salute, la libertà di iniziativa, l’assenza di corruzione, la qualità delle relazioni e la gratuità.

 

Scienza e istruzione attendono il Recovery Plan

Analisi Scienza e istruzione attendono il Recovery Plan Se l’Italia vuole ricominciare a crescere nel lungo periodo, superando i troppi dualismi, deve investire di più in ricerca, educazione, innovazione. Secondo l’economista se l’Italia vuole ricominciare a crescere nel lungo periodo superando i troppi dualismi deve investire di più nelle risorse umane. Sono contributi di razionalità e competenza ma anche di pacatezza di cui si sente sempre il bisogno. Un ragionamento in linea con quello fatto da Mario Draghi a metà agosto al Meeting per l’Amicizia tra i Popoli di Alberto Quadrio Curzio * Anche quest’anno settembre è caratterizzato da molti convegni malgrado il rischio Covid-19 non sia ancora superato. Tra questi ultimi consideriamo lo “European Open Science Forum 2020” tenutosi a Trieste pochi giorni fa. Forum di rilevanza Europea e Internazionale ricco di scienziati e tecnoscienziati che hanno trattato temi di assoluta rilevanza anche per le dinamiche che stanno caratterizzato la cosiddetta IV rivoluzione industriale. Ovvero se l’Italia vuole ricominciare a crescere nel lungo periodo superando i troppi dualismi deve investire di più nelle risorse umane. continua a leggere su Huffingtonpost ] * professore emerito di Economia politica all’Università Cattolica, fondatore e attualmente presidente del Consiglio scientifico del Centro di ricerche in Analisi economica ( Cranec ), presidente emerito dell’Accademia Nazionale dei Lincei #recoveryplan #fondieuropei #ricerca #istruzione Facebook Twitter Send by mail Print.

 

A Piacenza la seconda edizione del corso di qualificazione per “Educatore professionale socio-pedagogico”

Piacenza A Piacenza la seconda edizione del corso di qualificazione per “Educatore professionale socio-pedagogico” Ultima opportunità di acquisire la qualifica per chi già lavora come Educatore socio-pedagogico ma non ha conseguito una laurea in Scienze della formazione. settembre 2019 Con i cambiamenti normativi avvenuti alla luce della legge 205 del 27.12.2017 (cc. 594-601) per lavorare come educatore nel sociale è necessaria una laurea in Scienze dell’educazione e della formazione o la qualifica professionale di Educatore socio-pedagogico. “Per rispondere a questa esigenza la facoltà di Scienze della formazione dell’Università Cattolica ha scelto di attivare per il secondo anno un percorso ad hoc nelle sedi di Piacenza, Milano e Brescia – spiega il prof. Pierpaolo Triani -. Un percorso, quello proposto dalla Cattolica, che da un lato va incontro alle esigenze lavorative dei corsisti e dall’altro esalta l’esperienza lavorativa degli studenti: “lo scorso anno questo approccio ha dimostrato di funzionare molto bene”, sottolinea Triani. La domanda per accedere al corso dovrà essere presentata on-line entro il 15 ottobre 2019, attraverso il portale http://immatricolazioni.unicatt.it/portaleaccesso Il corso, se raggiungerà il numero minimo di iscritti, prenderà il via nel mese di novembre e si concluderà nell’estate del 2020. istruzione #educatoreprofessionale #sociopedagogico #qualifica #scienzedell'educazione Facebook Twitter Send by mail Print.

 

Scuola paritaria, non chiamatela privilegio

Speciale Scuola paritaria, non chiamatela privilegio Se chiudono, come si rischia dopo lo tsunami del Coronavirus, a risentirne non sono solo le famiglie e gli studenti che le scelgono ma il sistema scolastico che è efficace ed efficiente solo se integrato e plurale. Ne esce un quadro in cui c’è una scuola statale da finanziare in toto (anche e soprattutto in tempo di Covid) e una “privata” che, in quanto “privilegio”, come se fosse una borsa di marca, non deve essere sostenuta. I genitori delle scuole paritarie sono costretti a pagare la retta perché altrimenti quelle scuole non potrebbero vivere, dato che lo Stato non le finanzia. La realtà, infatti, è diversa: la paritaria non è la scuola privata, ma comprende la scuola paritaria non profit - in particolare quelle cattoliche, che sono la maggioranza - e accoglie tutti, anche e soprattutto nelle zone più povere del nostro Paese, dalla scuola dell’infanzia alla scuola secondaria di secondo grado. Molte scuole rischiano di non farcela Oggi l’Italia e l’Europa non hanno bisogno solo della scuola statale o solo della scuola non statale ma di entrambe. Non c’è nemmeno una scuola a priori meglio di un’altra, c’è solo una scuola diversa dall’altra, ma entrambe buone e necessarie per il bene di tutti. Chiaramente il parametro di finanziamento non dovrà essere né insufficiente, né eccedente rispetto a ciò di cui si necessita per svolgere un servizio formativo di eccellenza, innovativo ed efficiente e deve essere in grado di remunerare tutto il necessario (appunto di sostenibilità).

 

Scuole paritarie, superare gli ideologismi

Speciale Scuole paritarie, superare gli ideologismi Nella Costituzione vi è una sovrabbondanza di elementi che dovrebbe indurre il legislatore a intervenire, senza esitazioni, per garantirne la sopravvivenza, nell’interesse del sistema nazionale di istruzione. Pare a me, e da tempo, che sia questo il caso della ricorrente controversia sulle cosiddette scuole private e sull’ammissibilità di un concorso finanziario statale almeno per alcune categorie tra esse. comma 3, si desume un divieto di finanziamento pubblico integrale della scuola non statale, ma che sono ammissibili forme di finanziamento in corrispondenza al mancato costo sopportato dallo Stato per l’iscrizione di un alunno in una scuola non statale in luogo dell’iscrizione in una scuola statale. In ogni caso, alle scuole non statali paritarie (quelle cioè che, ai sensi dell’art. Come si vede, vi è una sovrabbondanza di elementi che dovrebbe indurre il legislatore a trarre le conseguenze e a intervenire, senza esitazioni, per garantire la sopravvivenza delle scuole paritarie, nell’interesse del sistema nazionale di istruzione. Riusciremo a superare, finalmente, gli ideologismi del passato? Auguriamoci di sì. docente di Diritto costituzionale, facoltà di Giurisprudenza , campus di Milano Terzo di una serie di articoli dedicati al sistema delle scuole paritarie in Italia #scuola #scuola paritaria #non statale #istruzione Facebook Twitter Send by mail Print.

 

Università, chi è il nuovo ministro

governo Università, chi è il nuovo ministro Lorenzo Fioramonti è stato nominato alla guida del Miur nel nuovo governo Conte. Con queste parole, riprese dal quotidiano la Repubblica , si presenta il nuovo ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca del governo Conte bis, Lorenzo Fioramonti . Quarantadue anni, sposato con due figli, Fioramonti è uno dei sostenitori, sulla scia del premio nobel Joseph Stiglitz , della necessità di ridimensionare l’importanza del Pil come indicatore del benessere di una nazione. Eletto alla Camera dei Deputati con il Movimento 5 stelle nelle elezioni politiche del marzo 2018, il 12 giugno dell’anno scorso è stato nominato sottosegretario del Miur e il 13 settembre vice ministro all’Istruzione, Università e Ricerca. Ma per poter rilanciare il settore bisogna chiudere la piaga del precariato della scuola, delle università e degli enti di ricerca» ha detto nell’intervista al Corriere della Sera . Credo che serva almeno un miliardo aggiuntivo per l’Università e due per la scuola, dobbiamo dare un orizzonte a scienziati e ricercatori che a 45 anni sono ancora supplenti e a quegli insegnanti che non riescono ad entrare nella scuola. I fondi si possono trovare con interventi fiscali mirati, quella che chiamo l’Iva strategica» ha dichiarato sempre al Corriere , spiegando anche la sua ricetta per finanziare questi provvedimenti: «Servono delle micro tasse di scopo: una tassa sulle merendine, una sulle bevande zuccherate, un’altra sui biglietti aerei.

 

Scuole dell’infanzia, bene i 300 milioni ma la strada per la parità è ancora lunga

Speciale Scuole dell’infanzia, bene i 300 milioni ma la strada per la parità è ancora lunga Senza le paritarie molti comuni non disporrebbero di una scuola, perché accolgono un terzo dei bambini dell’intero sistema. Quando parliamo di questo tipo di scuole, in Italia, parliamo di oltre 12 mila istituti, di cui quasi 9 mila scuole dell’infanzia ; degli oltre 866mila alunni di questi istituti, 524mila frequentano la scuola dell’infanzia paritaria . Le soluzioni possibili sono legate al pronunciamento delle istituzioni che hanno la responsabilità del contrasto alla pandemia per tutelare la salute pubblica, quindi anche di alunni, personale docente e non docente e famiglie, che devono definire le prescrizioni per la riapertura. La ipotizzata riduzione degli alunni per la scuola dell’infanzia comporta un aumento di sezioni o una selezione degli alunni che possono frequentare, un aumento del personale e anche possibili interventi strutturali agli istituti, nonché un prevedibile e tutt’altro che ridotto incremento di spesa. La richiesta di sostegno economico alle pubbliche istituzioni per la riapertura di settembre è dovuta alla consapevolezza che non è immaginabile un aumento delle rette per le famiglie, colpite anch’esse dalla crisi economica determinata dal Coronavirus. Faccio riferimento agli ammortizzatori sociali adottati e, nell’ambito dell’approvazione del decreto Rilancio, l’esito di un finanziamento di 300 milioni di euro complessivamente per l’età dall’infanzia alla maturità (di cui 180 per lo 0-6 e 120 per alunni e studenti dalla scuola primaria alla secondaria superiore). Come già detto, 524mila frequentano la scuola dell’infanzia paritaria, 354 mila i servizi educativi, quindi la cifra di 180 milioni va divisa per 878mila, che significa una media di 205 euro a testa, riferiti ai quattro mesi di forzata chiusura del 2019-2020, perciò 51 euro pro capite».

 

La battaglia per la detraibilità integrale

Speciale La battaglia per la detraibilità integrale Da anni suor Anna Monia Alfieri porta avanti una battaglia culturale a favore delle scuole paritarie. Così Anna Monia Alfieri racconta della propria esperienza in Commissione di Bilancio, in qualità di economista e di rappresentante dell’Unione delle Superiore Maggiori d’Italia (USMI) e della Conferenza Italiana Superiori Maggiori (CISM). Con 900mila studenti iscritti in tutt’Italia, e lo Stato che, per ognuno di questi alunni, devolve 500 all’anno, alle paritarie non restano che due opzioni: trasformarsi in una scuola per ricchi o indebitarsi e, nel tempo, chiudere i battenti. Un traguardo non da poco quello di mettere d’accordo forze di destra e di sinistra sull’importanza del comparto delle scuole paritarie. Inoltre, aggiunge, «è importante l’intervento delle Regioni, Province e Comuni» e, in particolare, a livello locale « è necessario siglare “Patti di comunità” con le scuole paritarie, utilizzando le 40.749 sedi scolastiche statali e le 12.564 sedi paritarie per consentire agli 8.466.064 studenti di ritornare in classe in sicurezza. Si dia a queste famiglie una quota capitaria pari al costo standard di sostenibilità per allievo (da modulare per corso, e che va da 3.500 euro per la scuola dell’infanzia a 5.800 euro per la scuola secondaria di 2° grado, con una media di 5.500 euro), consentendo la libera scelta della scuola». Secondo di una serie di articoli dedicati al sistema delle scuole paritarie in Italia #scuola #scuola paritaria #non statale #istruzione Facebook Twitter Send by mail Print.

 

Sulle tracce di Don Milani, l’emozionante incontro con la semplicità

Brescia Sulle tracce di Don Milani, l’emozionante incontro con la semplicità Un gruppo di studenti e docenti della facoltà di Scienze della formazione si è recato a Barbiana, in visita all’istituto fondato negli anni Cinquanta da don Milani. by Dalila Raccagni | 23 maggio 2016 Un gruppo di studenti della facoltà di Scienze della Formazione , sabato 14 maggio, accompagnati da diversi docenti dell’Ateneo e da don Roberto Lombardi , assistente pastorale, si è recato in visita alla scuola di don Lorenzo Milani , a Barbiana , in provincia di Firenze. Partiti da Brescia alle prime ore del mattino, dopo aver attraversato le prime colline toscane, il gruppo ha imboccato il medesimo, erto tragitto che don Lorenzo Milani stesso effettuò la prima volta che arrivò in questi luoghi. Emblematico e valorizzante è stato l’incontro con Lauro Seriacopi , che ha permesso di gustare la bellezza e la semplicità di tutto ciò che don Milani, insieme ai suoi amati allievi, è riuscito a far vivere in quell’umile ma straordinariamente denso luogo di cultura. Stanze impregnate dell’amore verso la conoscenza che nasce dalla pratica, dallo sporcarsi le mani e dal credere nei talenti che ogni uomo, anche il più povero e umile, ha dentro di sé. Una vita, quella del Priore, spesa per gli ultimi, per i quali la capacità della lettura e della scrittura nella vita ha dato loro davvero la possibilità di essere protagonisti, di cambiare il mondo. È per questo che a Barbiana si incontrano e si scambiano storie di bambini, giovani, adulti e anziani all'insegna di un progetto intergenerazionale e di diffusione del sapere nella consapevolezza di essere cittadini degni, sempre e a qualsiasi condizione.

 
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