«È necessario un adeguato investimento nell’istruzione per affrontare l’incertezza che circonda il lavoro e le competenze che avranno rilevanza nel futuro». Lo ha detto oggi il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco (nella foto in alto, al centro tra la professoressa Antonella Sciarrone Alibrandi e la professoressa Elena Beccalli), intervenendo alla sessione pubblica del convegno internazionale dal titolo Ethos, Education and Training: avenues toward equality and ethical behaviors in the digital era, promosso dalla Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice in collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore. 

Secondo Visco in Italia «l’investimento pubblico nell’istruzione non significa semplicemente fornire maggiori risorse finanziarie alle scuole e alle università». Ma vuol dire soprattutto «spesa di qualità». Questo perché «abbiamo bisogno di scuole che non solo siano dotate di strumenti tecnologici avanzati, ma che siano anche attrattive e confortevoli».

L’incontro si è aperto con i saluti istituzionali di Anna Maria Tarantola, presidente della Fondazione Centesimus Annus, che ha introdotto l’intervento di monsignor Mario Delpini, arcivescovo di Milano. «Il tema oggi in discussione dà la percezione di una emergenza: le competenze acquisite nella formazione universitaria rischiano di essere una merce in vendita al miglior offerente che le compra solo perché funzionali al profitto e al potere». Per questo, ha continuato l’arcivescovo di Milano, l’iniziativa promossa dalla Centesimus annus «è mossa da un’intuizione di un percorso promettente affinché nelle università si promuova non solo competenza ma anche educazione e che queste si inseriscano in un orizzonte di valori. In Università Cattolica parlare di contesto educativo è abituale, come il formare l’uomo quale protagonista di una storia che renda percepibili i valori». 

Secondo il rettore dell’Università Cattolica Franco Anelli «negli ultimi decenni le università sono diventate traino dei processi di conoscenza e delle evoluzioni tecnologiche. Abbiamo due temi di scenario proposti dal Santo Padre: anzitutto l’esigenza di creare un nuovo modello conoscitivo; il secondo, è quello della digitalizzazione, che sta cambiando i concetti basilari. Di fronte a tutto questo occorre interrogarsi se le università cattoliche siano in grado di essere voci originali dotate della forza di elaborare proposte concrete per rispondere alle nuove sfide educative».

Il tema dell’educazione è stato più volte richiamato in causa da Ignazio Visco. «Comprendere l’importanza di investire nella cultura e nella conoscenza, non solo per tutta la nostra carriera scolastica, ma anche per tutta la nostra vita professionale e oltre, è quindi la sfida cruciale per l'economia globale». Pertanto, ha osservato Visco, «questa sfida è ancora più importante in Europa, a causa delle sue tendenze demografiche. Entro il 2045 la popolazione tra i 20 e i 64 anni sarà diminuita di circa 30 milioni di persone nell'Unione Europea (e di 6 milioni solo in Italia). Le difficoltà per la crescita del PIL e, a sua volta, per il debito pubblico, l'assistenza a lungo termine e le pensioni saranno enormi. Lo sviluppo economico in Europa continuerà a un ritmo simile a quello del passato solo se provvederà nel rilancio della produttività. A tal fine è necessario attuare riforme che migliorino il contesto imprenditoriale e favoriscano l’innovazione». 

Per monsignor Nunzio Galantino, presidente dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (Apsa), consentire a tutti l’accesso a una educazione ben costruita rappresenta «un potente motore per ridurre la povertà e l’esclusione. Lo è in particolare nel contesto attuale dove le conoscenze richieste sono mutate radicalmente e continuano ad evolvere e ai giovani si richiede di essere flessibili, innovativi e responsabili. Consapevoli che la povertà cognitiva è destinata, prima o poi, a trasformarsi in povertà economica e sociale». Di qui la necessità di «cambiare paradigma». Come ricorda il World Human Forum, ha concluso monsignor Galantino l’educazione è tra i «fattori che porta alla felicità insieme con il reddito, la salute, la libertà di iniziativa, l’assenza di corruzione, la qualità delle relazioni e la gratuità. Fattori che non crescono spontaneamente e che richiedono l’impegno di tutti, nella direzione indicata da papa Francesco nella Laudato si’»,

Questo convegno costituisce un momento di confronto per identificare attraverso i tre concetti-chiave dell’etica, dell’educazione e della formazione i possibili percorsi per dare concreta realizzazione a un nuovo modello di sviluppo economico-sociale nell’era digitale per uscire da una crisi persistente e da un sistema che tende sempre di più a favorire la disuguaglianza, l’esclusione, la cultura dello “scarto”. 

Questo incontro – che  precede altri due grandi eventi che toccheranno tematiche similari: “L’economia di Francesco”, che si svolgerà ad Assisi nel mese di marzo, e il “Patto educativo globale”, che avrà il suo culmine a maggio -  è inoltre il momento di sintesi e di restituzione pubblica di una riflessione a porte chiuse che si è tenuta giovedì 30 gennaio in Cattolica, sempre su iniziativa della Fondazione Centesimus Annus, nel corso della quale si sono confrontati una cinquantina tra rettori, accademici, dirigenti di imprese e istituzioni finanziarie sulle tematiche legate all’educazione e alla formazione quali investimenti strategici per l’elaborazione di nuovi modelli di sviluppo e per colmare il divario delle disuguaglianze. 

«La società si pone nel mezzo proprio perché supporta il primo e il terzo elemento», afferma Alberto Quadro Curzio, professore emerito di Economia all’Università Cattolica, nel discorso conclusivo. Il riferimento è ai due paradigmi della Dottrina Sociale della Chiesa. «Il primo, di tipo orientativo, guarda alla solidarietà creativa e alla sussidiarietà per lo sviluppo della persona. Il secondo, di tipo applicativo, si rivolge alle istituzioni, alla società e all’economia». Proprio le istituzioni diventano centro del discorso del professor Quadrio Curzio. «Credo che i Papi, nel loro ministero, abbiano sempre privilegiato l’universalismo e il multilateralismo. In questo contesto, è esistito un apprezzamento per due istituzioni, l’Onu e l’Unione Europea, che riflettono in campo temporale ciò che la chiesa vuole in campo spirituale. La vocazione comune è quella di rendere tutti fratelli e di riportare la pace tra i popoli». Il cattolicesimo si fonda su valori presenti nella quotidianità. «Ciascuno di noi può svolgere la sua piccola missione. La filantropia necessita di una spinta emotiva, ma soprattutto di professionalità. Serve capacità, non improvvisazione», conclude Quadrio Curzio.