Chi potrebbe mai pensare che gli Stati Uniti possano essere oggetto di un dibattito che riguarda la loro insicurezza?

Probabilmente nessuno, considerando che sono affermati dal punto di vista economico, politico, militare e geografico; eppure Corrado Stefanachi, politologo dell’Università degli Studi di Milano, ospite del ciclo di incontri Il mondo in disordine, ha evidenziando quanto in realtà sia chiaro un tale paradosso, in dialogo con Andrea Locatelli, docente della Cattolica di Milano.  

L’intervento di Stefanachi ha sottolineato quanto sia importante l’aspetto geopolitico di uno Stato, ossia tutti quei fattori territoriali che influenzano e modificano la politica dello stesso. Ad esempio, gli Stati Uniti dispongono di un territorio molto esteso e dotato di varie risorse minerarie, petrolifere, naturali; costituiscono quasi un’isola - e perciò una difesa militare passiva - ma soprattutto si trovano circondati da Paesi sostanzialmente poveri, da cui dunque non devono aspettarsi attacchi di nessun genere.

Tutti questi fattori aiutano gli Stati Uniti ad affermarsi nella politica estera rispettivamente a livello economico, geografico e militare, e riescono così a influenzare molte delle scelte di altri Stati, garantendosi una significativa invulnerabilità.

Ma l’insicurezza allora da che cosa dipende, se persino il mare che per gran parte li circonda sembra offrire loro protezione?

“Questa affermazione è frutto di una ricerca trasversale tra la geografia spaziale del mondo e la politica estera – afferma Stefanachi – infatti gli Stati Uniti hanno sempre avuto frontiere aperte e spazi geografici in estensione, soprattutto durante il processo di colonizzazione nell’Ottocento, che però ormai si sono esauriti. Con il chiudersi di questa frontiera verrà a mancare la politica estera della porta aperta? Con il cambiare della struttura spaziale del mondo senza più spazi vacanti o periferie facilmente appropriabili, manterranno comunque la loro supremazia?”

L’idea, secondo le ultime scelte di politica estera degli Stati Uniti, è quella di una tendenza a evitare un coinvolgimento militare diretto appoggiando alleati e lasciando ad altri il ruolo principale. Un concetto che richiama il pensiero di Obama “guidare da dietro”; ovvero mandano rinforzi strategici, consigliano, propongono, ma non si impegnano mai in modo diretto.

“Appare quasi come un’azione lasciata a metà; la geopolitica sembra fare degli Usa una potenza inaffidabile” conclude Stefanachi, lasciando spazio a Locatelli che ha contribuito a scattare una fotografia sull’evoluzione di un Paese che ancora oggi determina gran parte delle scelte della politica estera.