La copertina del libro«È difficile ricostruire i muri se prima non si ricostruisce la comunità. Essere in un luogo come l'Afghanistan e formare i docenti, le donne e i giovani è un modo con cui l'Università può contribuire anche in realtà estreme a "fare comunità" agendo in modo concreto». Con queste parole il rettore Franco Anelli ha introdotto la presentazione del volume “Attraverso i loro occhi. L’Università Cattolica per l’Afghanistan” (Vita e Pensiero), il quaderno del Centro di Ateneo per la solidarietà internazionale (Cesi) che racconta l’intervento in un Paese dilaniato dalla guerra. Nel corso di un progetto durato dal 2009 al 2013, il Cesi ha partecipato all’impresa di avviare forme di cooperazione sostenibili con l’aiuto di attori civili e militari e della Chiesa locale.

«Ciò che ha caratterizzato positivamente il progetto è la consapevolezza dell’Ateneo che la sua azione educativa può essere utile anche in contesti di grave conflitto e che avviare insieme processi di ricostruzione in un paese come l’Afghanistan e processi di formazione rappresenta un’azione concreta ed efficace» ha aggiunto il rettore. «Mettersi in rapporto con il contingente della spedizione italiana e con la Chiesa locale ha significato tradurre i principi ispiratori della nostra Università in un fatto».

Anche il professor Roberto Cauda, direttore del Cesi, ha affermato la straordinarietà di questa esperienza realizzata con il progetto “Attraverso i loro occhi”, «un’occasione per portare in Afghanistan vicinanza, solidarietà e formazione delle nuove generazioni, con un’attenzione particolare alle donne».

Proficua ed efficace è stata la collaborazione con l’Esercito italiano, sottolineata dal colonnello Antonino Inturri, addetto militare all’Ambasciata d’Italia a Berlino, e da Marco Lombardi, direttore della Scuola di Giornalismo dell’Ateneo. «L’Università Cattolica ha attivato per la prima volta un’attività di collaborazione con l’Esercito che ha costruito infrastrutture e scuole mentre l’Università ha messo a disposizione risorse umane e formazione: un modello importante da esportare in altre aree di crisi del mondo» ha spiegato il professor Lombardi che è anche curatore del volume. «Il valore aggiunto di questa missione consiste da un lato nel women empowerment e dall’altro nella comunicazione. Il progetto ha dato, infatti, l’opportunità a tutti di conoscere un Afghanistan diverso che ha rivelato la quotidianità della guerra “attraverso i loro occhi” e, allo stesso tempo, alle studentesse afgane coinvolte di esprimersi e dar voce al proprio Paese».

Partner importante del progetto è stata la Chiesa locale come ha sottolineato durante l’incontro moderato da Gian Micalessin, reporter di guerra e giornalista de “Il Giornale”, il padre barnabita Giuseppe Moretti: «Fino al 1979 l’Afghanistan era un paese in pace dove si poteva viaggiare e Kabul aveva 500mila abitanti. Oggi è cambiato completamente. Ma l’incontro tra gli studenti dell’Ateneo e i loro colleghi afgani è un modello di speranza che si riassume nel progetto “Attraverso i loro occhi” e nell’esperienza della fraternità.