di monsignor Claudio Giuliodori *

Il triduo pasquale è il cuore dell’anno liturgico e l’essenza della fede cristiana. La delicata situazione sanitaria e le inedite restrizioni sociali, dovute alla pandemia da Coronavirus, ci costringono a celebrare la Pasqua in uno scenario imprevisto e inusuale. Percepiamo immediatamente e con sofferenza le limitazioni per la vita personale, l’attività del nostro Ateneo, l’espressione della fede. Eppure, a ben vedere, ci è data la possibilità di vivere una Pasqua speciale e non meno significativa.

Certo, siamo più isolati ma forse potremo comprendere meglio la solitudine di Gesù e quanto ci ha amato di fronte al tradimento di Giuda, l’incomprensione dei discepoli, la condanna umiliante delle autorità religiose e politiche, la sofferenza e il dramma della morte in croce, il silenzio del sabato santo.

Certo, siamo limitati in tante nostre attività ma forse potremo comprendere meglio che chi opera davvero e ci salva è il Signore, nel momento in cui spezzando il pane e passando il calice del vino ai discepoli dona il suo corpo e il suo sangue, quando traccia la via maestra della sequela lavando i piedi ai discepoli, mentre perdona tutti per il male subito e porta con sé in paradiso il ladrone pentito.

Certo, viviamo tempi di estrema precarietà e incertezza ma forse proprio per questo possiamo toccare con mano una speranza più grande, perché la tomba del dolore e della morte non è l’ultima parola, perché ci viene incontro, come accaduto alla Maddalena, colui che vive e dà la vita, perché viene effuso su tutti noi lo Spirito Santo per essere suoi testimoni fino agli estremi confini.

Come non vedere già i bagliori della risurrezione nei volti dei medici e dei sanitari che danno la vita per i malati, nelle famiglie che si ritrovano nelle case in un rinnovato abbraccio di unità e condivisione, nell’impegno operoso per non interrompere la formazione universitaria, nella solidarietà diffusa che ci restituisce il volto più umano della convivenza civile, nel mondo intero che da questa pandemia non potrà che uscire cambiato e, ci auguriamo, profondamente rinnovato.

Così, ancora una volta nelle pieghe della storia e nel dramma del vivere umano, ci viene data la grazia di contemplare il volto del Risorto. Da lui riceviamo la pienezza della vita «perché la vita è un dono che si riceve donandosi - come ci ha ricordato Papa Francesco -. E perché la gioia più grande è dire sì all’amore, senza se e senza ma. Come ha fatto Gesù per noi» (Omelia, 5 aprile 2020).  Con questi sentimenti auguro di cuore a tutti i membri della comunità universitaria e a tutte le vostre famiglie una Santa Pasqua.

* assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore


In alto: Tiziano Vecellio, Polittico Averoldi (particolare), collegiata dei Santi Nazaro e Celso, Brescia