A distanza di pochi giorni dall'attentato di Nizza il terrorismo è tornato a colpire attaccando il centro di Vienna in un assalto coordinato che dalla sinagoga della capitale austriaca si è esteso per i locali del centro cittadino. L'offensiva, che al momento ha causato 4 morti (più un terrorrista) e 22 feriti, è stata rivendicata dall'Isis. Su La Stampa la riflessione della professoressa Laura Zanfrini in cui si ricorda che è necessario essere consapevoli che una società coesa e autenticamente democratica non è un esito scontato, bensì un traguardo da costruire attraverso provvedimenti concreti.


 

di Laura Zanfrini *

Quella europea è la storia di lunghe e sanguinose “guerre di religione”. Analogamente, in molti paesi la religione è oggi ragione di conflitto, persecuzione e discriminazione; strumento di potere e controllo sociale; pretesto per preservare i privilegi dei gruppi dominanti; veicolo d’omologazione culturale; espediente per sovvertire la convivenza e imporre regimi autoritari o progetti politici criminali. I migranti sono testimoni viventi di una geografia religiosa complessa e dei molti significati della fede. A volte schegge impazzite, lupi solitari o membri delle reti terroristiche internazionali, “simpatizzanti” dei folli progetti politici dell’Isis – come nel caso che ha sconvolto l’Austria in queste ore –, artefici di attentati vili ed efferati al grido Allahu akbar: questo sì un atto di blasfemia verso i fedeli musulmani. Più spesso, uomini e donne di diverse religioni partono alla volta dell’Europa portando con sé immagini e oggetti sacri, con la speranza (se non la fatalistica certezza) che il loro Dio li accompagnerà in ogni tappa del viaggio, che la fede preserverà le loro radici e li aiuterà a superare le difficoltà, che la religione sarà lo scudo difensivo per far crescere i figli in una società secolarizzata. In altri casi ancora, uomini e donne vittime della persecuzione religiosa o dell’ateismo di Stato trovano in Europa il luogo in cui sperimentare la libertà di professare la fede e di viverla in modo autentico affrancandosi dalle interpretazioni distorte dei precetti religiosi, l’occasione per metterne a frutto il potenziale generativo attraverso l’impegno civico e solidaristico, la motivazione per spezzare la logica del risentimento e sentirsi parte di una società pluralistica.

Sono, questi, altrettanti volti di migranti che sfidano la società europea e la sua relazione con la dimensione religiosa. Una dimensione estromessa dalla sfera pubblica in nome della laicità, ridotta alla sua declinazione intimistica e individuale, brandita come vessillo a difesa di quelle radici cristiane bandite dalla costituzione europea, piegata a simbolo di un scontro di civiltà, neutralizzata con una discutibile interpretazione del principio di uguaglianza: nelle scuole francesi sono “ammesse” le vignette su Maometto, ma non i simboli evocativi dell’appartenenza religiosa di alunni e insegnanti.

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* docente di Sociologia delle migrazioni e della convivenza interetnica presso la Facoltà di Scienze politiche e sociali dell'Università Cattolica del Sacro Cuore. Coordinatrice dello studio internazionale “Migrants and Religion: Paths, Issues, and Lenses”