Se ricordare ciò che è stato è necessario, altrettanto lo è sensibilizzare le coscienze al dissenso nei confronti di ogni forma di discriminazione, di ogni tentativo di gerarchizzazione dell’umanità e di ogni perversa classificazione razziale, vili presupposti dello sterminio nazifascista.

Perché la Giornata della memoria non diventi «il giorno della falsa coscienza» (Moni Ovadia), ma sia piuttosto occasione di riflessione su temi quanto mai attuali, come i razzismi e le discriminazioni, da venerdì 25 gennaio e per tutta questa settimana, Educatt distribuisce gratuitamente presso il Container.9 di Milano l’editio maior (240 pp.) del volume Contro il razzismo: per il bene e il diritto alle differenze, a cura di Giovanna Salvioni e con la collaborazione di Moni Ovadia (EDUCatt 2012). 

Attraverso una selezione di documenti il volume invita a riflettere sulle atroci conseguenze delle discriminazioni, dalle leggi razziali ai genocidi, ricordando che fra le vittime innocenti degli stermini di massa non ci furono solo gli ebrei, ma anche il popolo Rom, il popolo Sinti, i disabili fisici e mentali, gli oppositori politici, i testimoni di Geova, gli omossessuali. 

La creazione dell’alterità e l’abbassamento del diverso a un grado di umanità inferiore, fino alla negazione della dignità, sono i presupposti di ogni razzismo, uniti all’irrazionale paura che l’accettazione dell’altro possa privare di qualcosa la nostra identità: eppure niente come la diversità delle culture e dei modi di vivere testimonia la grande versatilità dell’intelligenza dell’uomo, così come nell’atteggiamento discriminatorio troviamo massima espressione della sua stupidità.

«È avvenuto, quindi può accadere di nuovo», scriveva Primo Levi in I sommersi e i salvati: questo il pericolo che incombe quando si considera l’umanità su una scala che muove dal meno al più, dimenticando che ognuno nasce libero, straniero e appartenente all’unica razza esistente, quella umana. Da qui la responsabilità di fare della memoria garanzia di libertà e scudo all’indifferenza, perché la peste che ha infettato il secolo alle nostre spalle non dilaghi mai più.