La lezione di Giuseppe Pasini in Cattolica a BresciaL’ingresso in azienda avvenuto quand’era poco più che ventenne, l’esperienza della guida di Federacciai e l’approdo su suolo tedesco con lo stabilimento in Germania in grado di generare il 50% del fatturato del gruppo, sino alla volontà precisa di giungere alla verticalizzazione del prodotto. Quella di Giuseppe Pasini è certamente una vicenda umana e imprenditoriale esemplare.

Ne ha parlato in Cattolica nell’ambito del seminario internazionale “Lo sviluppo del settore siderurgico. Iron and Steel in Late Modern and Contemporary Europe: Italy and Spain in a Historical-Comparative Perspective”, dopo l'introduzione del prorettore Mario Taccolini. Pasini ha presentato alcuni dati di grande rilievo della sua azienda: «Un miliardo di fatturato, un bilancio sociale considerevole, numerosi interventi di welfare aziendale, oltre a 50 giovani talenti inserite annualmente all’interno dell’organico aziendale».

«Gli investimenti in Germania sono iniziati nel lontano 1992 in un’area dell’ex Ddr in cui oggi lavorano 750 dipendenti» ha spiegato Pasini. «I processi di internazionalizzazione, verticalizzazione e digitalizzazione del nostro modo di fare impresa - valorizzando quindi anche le giovani generazioni - sono da sempre il perno delle nostre scelte. Grande attenzione, inoltre anche al segmento della green economy: oggi Feralpi è infatti una delle sole 15 società europee a vantare la certificazione internazionale Emas».

Una storia bresciana, che ha saputo emergere nel mercato globale.

«L’acciaio è un prodotto strategico per tutte le economie evolute, il nostro Paese si trova al 10° posto della classifica mondiale e la provincia bresciana gioca un ruolo fondamentale a livello internazionale. Nel 2017 il bilancio è stato positivo e analoghe previsioni si prospettano anche per l’anno in corso con incrementi stimati attorno al + 1,6% (ovvero 26 milioni di tonnellate in Italia). L’Italia del resto si è sempre dimostrata competitiva nonostante un costo dell’energia maggiore del 20-25% rispetto ai suoi competitor e nonostante la Cina, quindici anni fa, sia passata dall’essere una nazione importatrice a esportatrice e oggi sia produttrice del 50% dell’acciaio mondiale» ha affermato Pasini.

E in futuro? «L’Africa sarà la nuova grande frontiera, ma anche l’America latina potrebbe rivelarsi terreno per grandi opportunità» ha concluso il presidente di Aib.

Insieme a Pasini si sono seduti al tavolo dei relatori anche Miguel Angel Sàez Garcia, Alberto Manzini e Riccardo Semeraro per parlare, rispettivamente, di tradizione siderurgica spagnola, welfare aziendale e siderurgia italiana nel dopoguerra.