Aumentano gli euroscettici ma c’è chi ancora crede sia possibile parlare di Europa unita. È il caso di Enrico Letta, protagonista del secondo appuntamento dei “Colloqui sull’Europa”, il ciclo di incontri organizzato dal dipartimento di Economia e finanza dell’Università Cattolica. Una lunga e proficua riflessione sul ruolo dell’Unione europea, introdotta dal rettore Franco Anelli e dalle parole del professor Carlo Dell’Aringa

Tanti gli studenti presenti in aula Pio XI per ascoltare il direttore della Scuola di affari internazionali all’Istituto di Studi Politici di Parigi, dal 2016 presidente dell'Institut Jacques Delors – Notre Europe - think tank fondato dall’ex presidente della Commissione Europea Jacques Delors - considerato uno dei massimi esperti italiani in fatto di Europa. 

«Il 2016 è stato un anno di cesura per l’Ue» spiega Letta all’inizio del suo intervento. «La Brexit e l’elezione negli Stati Uniti di Donald Trump sono stati segnali inequivocabili di cambiamento. Scelte che vanno in una direzione opposta rispetto ai principi su cui si è sempre basata l’idea di Europa». 

L’ex premier fa notare come in entrambi i casi, gli slogan, che hanno accompagnato la fuoriuscita della Gran Bretagna dall’Unione e la corsa alla casa bianca di Trump, siano fortemente in antitesi con le idee di inclusione e globalizzazione tipiche del sogno europeo. “Take Back Control” e “Make America Great Again” costituiscono due facce della stessa medaglia. Entrambi indicano una bocciatura pesante per le politiche di integrazione alla base dell’identità europea. 

Secondo Enrico Letta è necessario cambiare al più presto il discorso sull’Europa, allontanandolo dai tecnicismi per renderlo attuale e più vicino alla vita dei cittadini: «Gli argomenti vanno ripensati, perché rispetto al passato sono mutate le ragioni per cui facciamo l’Europa». 

Il ragionamento tocca diversi punti: dal fondo salva Stati all’idea di un’Europa più competitiva con una fiscalità comune a tutti gli Stati; dalla gestione dei migranti fino ad arrivare a parlare del ruolo dell’Italia all’interno delle istituzioni europee. Particolarmente interessanti le osservazioni sulla demografia, con una popolazione mondiale che continua a crescere, in particolare in Asia, e un’Europa ferma al palo, con gli stessi indici demografici di 40 anni fa.

Non può mancare un pensiero dedicato all’Italia e agli italiani. «Il nostro Paese deve smetterla con la sindrome di Calimero: non è vero che nei palazzi di Bruxelles l’Italia non conta. All’interno del Consiglio europeo siedono quattro italiani e, ai vertici delle istituzioni comunitarie, siamo ben rappresentati con presidente del Parlamento, ministro degli esteri europeo e presidente della Bce». 

Secondo Enrico Letta, questo sarà un anno cruciale per le sorti del vecchio continente, visto che nel 2019 cambieranno tutti i vertici delle istituzioni europee e bisognerà prepararsi a grandi novità. Il futuro dell’Europa passa quindi dal 2018, con l’incognita di una Germania provvisoriamente bloccata nel tentativo di formare un governo che sta rallentando le riforme da attuare a Bruxelles. 

Insomma, per dirla con Letta «la partita è ancora aperta», ma è essenziale che la politica riesca a trasmettere un’idea di Europa nuova e meno distante dalla nostra quotidianità.