Divulgazione di informazioni “inquinate” da fake news, equilibrio tra democrazia e potere, relazioni dominate dall’uso dei social non sempre corretto, potenzialità della rete, strapotere dell’algoritmo, economia e giornalismo: sono alcuni degli aspetti del mondo più ampio della comunicazione sui quali si è dibattuto giovedì 16 luglio nel webinar in diretta sui canali social dell’Università Cattolica.

Il confronto è avvenuto tra Fausto Colombo, docente di Teoria della comunicazione e dei media e direttore del Dipartimento di Scienze della comunicazione e dello spettacolo, autore del libro Ecologia dei media. Manifesto per una comunicazione gentile, e Luca Sofri, direttore del Post, moderati da Daniele Bellasio, direttore della Comunicazione dell'Ateneo.

Dal dibattito è emersa l’importanza della comunicazione oggi intesa sia come servizio pubblico sia come circolazione privata di informazioni. Da un lato c’è l’attenzione dei singoli utenti a cercare informazioni veritiere, dall’altro il perseguire una informazione corretta è una sfida che riguarda non solo le grandi testate ma anche l’iniziativa dei singoli soggetti che possono mettere in circolazione fake news. Sicuramente il direttore di un quotidiano nazionale che non verifica o volutamente veicola notizie false o non verificate ha una grande responsabilità, ma anche chi le posta sui social semplicemente perché giunte da amici o fonti non attendibili, dovrebbe assumersi il rischio di manipolare la verità. 

Su questo aspetto Sofri ha invitato a non trincerarsi dietro la scusa che l’utente medio non è un giornalista e quindi si può ritenere svincolato dalla responsabilità comunicativa o dalla verifica delle fonti: «Quando non si è certi non bisogna condividere le notizie». 

Particolarmente sentito dal moderatore Bellasio è il tema della cura di questi problemi, come è emerso dalla sua domanda agli interlocutori se chi fa informazione debba avere un approccio pedagogico. Per Sofri l’impegno è generale. «Anche l’impiegato delle Poste, che si comporta in modo gentile con l’utenza, invoglia a fare ugualmente. Lo stesso vale per il comunicatore che divulga con professionalità le informazioni, ponendosi come educatore delle masse». 

Ha fatto eco Colombo affermando che l’utopia della rete è la disintermediazione. «Quando non ho più bisogno del professore che mi spieghi gli autori, questa utopia diventa distopia. Se c’è un mediatore competente in un dato settore va bene, ma se la mediazione della realtà viene sostituita con una disintermediazione allora paradossalmente ne so meno di prima, mi sono impoverito. Insomma, quello che ci dà la rete è un sapere che non rinuncia ad approfondire».

Al termine Daniele Bellasio ha proposto una riflessione sulla rete che ruota attorno agli opposti. «L’utilizzo dei social ci mette in relazione col mondo, ma ci rende anche asociali. La rete crea lavoro, ma anche lo distrugge, tutela la privacy ma ne consente la violazione, ha aiutato durante la Primavera Araba ma aiuta anche i dittatori, favorisce la circolazione di fake news ma consente di smontarle».

Secondo Bellasio, citando il libro del professor Colombo, “siate riflessivi su quanto inviate e tolleranti su quanto ricevete”, la prima regola per una comunicazione gentile, ben illustrata nel libro, è proprio nell’etimologia della parola “gentile”, dal latino “gens”, cioè famiglia, intesa non tanto nel senso di famiglia patrizia, ma di famiglia del genere umano: quando comunichiamo con gli altri – e comunicare è un compito propriamente umano - riconosciamo di far parte di questa comunità.