Matera è stata, dal dopoguerra in poi, un caso emblematico per chi si occupi di progettazione culturale perché ha catturato l’attenzione di intellettuali, cineasti, fotografi attratti da un mondo alternativo alle città industriali: Adriano Olivetti ne fece un laboratorio per un modello di comunità rispettoso delle caratteristiche del luogo.

Nelle parole di Elena Donaggio, Senior consultant di Avanzi, le tappe che hanno inciso sull’urbanistica di Matera. A inizio ‘900, a seguito di un aumento demografico, i Sassi erano un groviglio di case sovraffollate in cui mancavano le condizioni sanitarie minime, e la mortalità infantile era altissima. 

Come è noto, il primo a mettere sotto i riflettori la bellezza ma anche l’arretratezza di Matera fu Carlo Levi, in Cristo si è fermato a Eboli. Palmiro Togliatti in visita a Matera nel 1948 definì i Sassi “vergogna nazionale”.

Molti intellettuali presero a cuore il problema: Adriano Olivetti, ingegnere, imprenditore e presidente dell’Istituto Nazionale Urbanistica, istituì una commissione per studiare le condizioni di vita degli abitanti dei Sassi e l’esito della ricerca propose uno spostamento di metà della popolazione, su base volontaria, in nuove case che rispettassero le condizioni igienico-sanitarie necessarie, ma anche lo stile di vita dei contadini: una vita di povertà, ma anche di socializzazione e di solidarietà tra famiglie.
 
Il percorso del gruppo di lavoro di Olivetti si interruppe però bruscamente quando quella che veniva percepita come un’emergenza nazionale venne risolta con la Legge speciale per lo sfollamento dei Sassi, nel 1952, che impose a due terzi degli abitanti di abbandonare le proprie case e trasferirsi nei nuovi rioni. I Sassi furono svuotati, divenendo una città fantasma creando una forte frattura nella storia delle famiglie materane.

Il dibattito sul destino dei Sassi continuò e nel 1986, ebbe inizio il processo di risanamento, che culminò nel 1993 con la designazione dei Sassi come paesaggio culturale Patrimonio Mondiale dell’Umanità Unesco.

Nel 2008 la città dei Sassi, intraprese il percorso di candidatura a Capitale Europea della Cultura nel 2019. Un cammino raccontato da Emmanuele Curti, Project manager Scuole e Patrimonio, Fondazione Matera-Basilicata 2019. 

Matera è entrata a far parte della short list e, il 17 ottobre 2014, viene designata Capitale Europea della Cultura per il 2019. La storia e il contesto aiutano a comprendere come la forza della candidatura sia stata la partecipazione della cittadinanza. L’intero iter è stato seguito dai materani come se fossero una unica anima e i progetti sono stati ideati in primis per i cittadini di Matera e realizzati con gli stessi. Per sottolineare la forte attenzione posta sulla comunità, è stato redatto il Passaporto di Matera 2019: ogni visitatore acquistandolo diventa un cittadino temporaneo di Matera e ha accesso a tutti gli eventi.

Uno degli obiettivi principali del progetto è lavorare sulla percezione della città come unica, ricucendo il tessuto urbano e rendendo attrattivi anche i quartieri di edificazione recente perché parte fondamentale della storia del luogo e dei suoi abitanti. Curti ha presentato due progetti che si muovono in questa direzione: Matera Alberga, realizzato con la partecipazione degli albergatori, che hanno accolto all’esterno delle loro strutture opere d’arte contemporanea che rievocano gli antichi vicinati dei Sassi. Il secondo progetto consiste nella pianificazione di cinque itinerari che connettano differenti luoghi, fra questi quello che si sviluppa tra il Sasso Barisano e i quartieri Gattini e Piccianello.

L’eredità che questo anno vorrebbe lasciare è molteplice ma legata in particolare alla riflessione, e una nuova legislazione, sugli spazi civici e sul loro uso per riattivare una tradizione che le città del Sud hanno saputo mantenere nel tempo.


Foto in alto: Giuseppe Stampone, Doppia faccia/ Double face, 2019