di Giovanni Valtolina *

L’Italia non firmerà il “Global Compact” sull’immigrazione. Lo ha annunciato il vicepremier Matteo Salvini alla Camera dichiarando che l’Italia non parteciperà al Summit Onu di Marrakech, che tra il 10 e l’11 dicembre adotterà il documento, lasciando al Parlamento la decisione di aderire o meno al trattato. Un annuncio che arriva proprio mentre l’alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati (UNHCR) propone di rivoluzionare il sistema globale di accoglienza dei rifugiati. 

Il Global Compact sui rifugiati parte dalla costatazione che il modello assistenzialista della Convenzione di Ginevra del 1951, che ancora oggi detta tempi e modi della gestione dei rifugiati, ha fatto il suo tempo. Perché, mentre a livello globale aumentano a dismisura quelli che lasciano il proprio Paese per ragioni umanitarie (68,5 milioni solo nel 2017), diminuiscono drammaticamente i fondi che i governi mettono a disposizione per accoglierli e mantenerli. Soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, che ospitano l’85% dei rifugiati nel mondo. 

La proposta dell’UNHCR punta a riorganizzare il sistema degli interventi, basandolo su un cambio di prospettiva della figura del rifugiato: abbandonare lo stereotipo che lo vuole un “mantenuto a vita” per trasformarlo in un reale agente per lo sviluppo, in un lavoratore-consumatore del Paese che lo ospita. Di qui l’appello dell’alto commissariato Filippo Grandi a istituzionalizzare il coinvolgimento del settore privato nel sistema di gestione dei rifugiati nel mondo. Non però con donazioni o altre forme di filantropia, ma investendo sulla formazione e la professionalizzazione dei rifugiati, per sfruttarne know-how, attitudini e competenze specifiche, secondo le leggi non dello stato, ma del mercato. 

Una proposta che non nasce in astratto, ma si fonda su una lunga serie di buone pratiche, fatte registrare nei campi profughi di Africa e Medio Oriente, ma anche in Europa, dove, ad esempio, Manpower, una delle più potenti agenzie interinali globali, in collaborazione con i centri per l’impiego tedeschi, ha trovato un’occupazione - non un lavoro socialmente utile - a oltre 2.500 rifugiati.

La decisione italiana di non partecipare al Summit Onu a Marrakech sembra inserirsi, invece, nel quadro di una strategia che prevede la determinazione da parte dell’attuale governo di far prevalere a tutti i costi la propria volontà sulle regole comunitarie e/o internazionali, come molti autorevoli commentatori fanno notare. 

In Italia, da alcune settimane, a sollecitare il "no" al Global Compact erano anche Giorgia Meloni e Fratelli d'Italia, che avevano bollato come "folle" il documento dell’Onu, in quanto "distrugge di fatto i confini e gli Stati nazionali favorendo l'immigrazione incontrollata". Occorre dire che sono già diversi i Paesi che hanno deciso di non aderire al Global Compact (il cui esito, comunque, non è nemmeno vincolante): gli Stati Uniti di Donald Trump, l’Ungheria di Viktor Orban, la Repubblica Ceca, la Slovacchia, la Polonia, l’Austria, la Bulgaria, la Croazia, Israele e l’Australia. E anche la Svizzera ha dichiarato che non parteciperà al Summit ONU, in attesa di un pronunciamento del Parlamento. Certamente questa scelta pone l’Italia in una condizione di isolamento, che sembra stridere con i frequenti richiami all’Unione Europea perché il nostro Paese non sia lasciato solo nel far fronte all’immigrazione.

* Docente di psicologia interculturale