Una lettura in presa diretta dell’immigrazione turca in Italia. Gül Ince Beqo, dottoranda in Sociologia all’Università Cattolica di origine turca, ha scelto di dedicare il suo lavoro di ricerca a capire l’evoluzione, le criticità e la copertura mediatica di questo fenomeno.

Un tema che sente particolarmente vicino. Nata a Karabük, in Turchia, nel 1984, dopo gli studi sociologici e un master in Cinema nel suo Paese, si è laureata in Italia in lingue e letterature straniere con una tesi sulla traduzione poetica. Ora il dottorato in largo Gemelli con la ricerca sull’immigrazione e, in particolare, su ruolo e differenze tra uomo e donna nel vivere in ambito familiare la migrazione dal Paese della Mezzaluna.

Quando si parla di Turchia bisogna comprenderla principalmente come un concetto geografico: nella stessa nazione convivono minoranze, come quella curda, con notevoli diversità culturali. «Nella mia ricerca, con il termine "turco" si intendono tutti coloro che possiedono quel tipo di passaporto, a prescindere dall'origine etnica».

I motivi che spingono alla migrazione sono soprattutto economici, legati alle speranze e ai sogni di ottenere un futuro migliore. Si tratta di un fenomeno abbastanza recente e diverso rispetto agli inizi, quando i primi turchi che venivano in Italia nel 1995 chiedevano soprattutto asilo politico. Molte volte è proprio l’instabilità politica il fattore che spinge alla migrazione. E, anche in questo caso, i maggiori flussi corrispondono ai momenti più critici e instabili sia politicamente che economicamente.

La scelta di partire e il tema del viaggio sono topos che sconfinano dall’attualità e dalla ricerca sociale alla letteratura. Un territorio che Gül ama attraversare: scrive e pubblica racconti sia in turco che in italiano e ha vinto nel 2013 il concorso letterario nazionale Lingua Madre 2013 con “Mare vuol dire Deniz”. La dottoranda della Cattolica, nel nostro Paese da 9 anni, si è occupata della lettura finale della traduzione del romanzo dello scrittore turco Hasan Ali Toptas Heba, uscito in Italia con il titolo Impronte.

«Ero molto emozionata, anche perché si trattava del primo incarico letterario ufficiale e il lavoro di Toptas è l’affresco della bellezza e al tempo stesso della drammaticità della vicenda». Impronte è la storia della voglia di tornare alle origini, che si scontra con la crudeltà della realtà: «È un po’ la trasposizione di quanto succede ai turchi che vengono in Italia, considerata solo un crocevia di passaggio verso la Germania e più in generale i Paesi Nordici. Vogliono andare là sia perché cercano di ricongiungersi ai parenti, sia perché si tratta di Stati con politiche di welfare molto avanzate». L’altro lato della medaglia, tuttavia, è rappresentato dall’intransigenza e dai requisiti per ottenere un permesso di soggiorno: «La Germania, in particolare, offre molte opportunità, ma esige altrettanto rigore. Senza una casa e un lavoro non si può restare».

Così molti migranti turchi sono costretti a fermarsi in Italia. Anche perché, fare ritorno in patria, è un’ipotesi che non contemplano quasi mai: «Le persone preferiscono piuttosto restare qui, anche a costo di vivere tra le difficoltà, perché gli uomini e i padri di famiglia hanno un forte senso dell’onore e della dignità. Sono consapevoli dei sacrifici fatti durante il viaggio e vedrebbero il ritorno a casa senza un patrimonio come un fallimento».

Per scrivere la sua tesi, Gül ha incontrato diversi nuclei familiari di immigrati turchi. Tra tutte le storie che ascolta ogni giorno, quelle che riguardano le donne sono le più significative: «Mi sono resa conto che hanno alle spalle vicende sfortunate e di dolore, dalle quali sono sempre uscite a testa alta, senza mai piangersi addosso e guardando sempre avanti. È la più bella lezione che mi stanno dando».

E di lezioni, ora, si occuperà anche Gül, che terrà 40 ore di esercitazione di lingua turca nel nuovo corso in Cultura e civiltà della Turchia in partenza col nuovo anno accademico 2017-2018.