Le crisi bancarie ci sono state e non è escluso che ce ne saranno altre. Il problema è individuare in anticipo i segnali per prevenirle. Ma serve una regolamentazione chiara. Di “crisi bancarie: quali lezioni per il futuro” si occupa il rapporto “Osservatorio Monetario n. 3/2017” realizzato dal Laboratorio di Analisi monetaria (Lam), presentato nei giorni scorsi in largo Gemelli.

Obiettivo di questo rapporto – promosso dall’Associazione per lo Sviluppo degli Studi di Banca e Borsa (Assbb) – è analizzare cause e implicazioni delle crisi bancarie e capire se ha avuto successo l’applicazione del nuovo framework normativo europeo per la risoluzione delle crisi bancarie (Bank Recovery and Resolution Directive – Brrd).

Lo scopo del Brrd è quello di fornire alle banche centrali dei Paesi membri gli strumenti e i poteri necessari per affrontare le crisi bancarie, evitando oneri per i cittadini e contenendo il rischio sistematico. Questi obiettivi non sono stati raggiunti e le critiche al Brrd sono state diverse. «La regolamentazione conta ma – dice il direttore Lam Marco Lossani – deve essere chiara, applicata in maniera omogenea nel tempo e nello spazio, cosa che non è accaduta. Questo genera incertezza che evidentemente favorisce comportamenti opportunistici e crea le condizioni perché possano venire a generarsi altre situazioni di crisi in futuro».

C’è un’altra lezione che emerge dalle conseguenze della crisi della redditività a livello europeo. «Non è una questione puramente tecnica» prosegue Lossani. «Soprattutto quando parliamo di normativa europea, c’è bisogno di chiarire una volta per tutte una serie di questioni a livello politico più alto. Se no ci troviamo di fronte a un vuoto di potere che spesso viene riempito in maniera assolutamente discrezionale, provocando più problemi che altro. La politica ha un ruolo, anche all’interno delle istituzioni bancarie, e deve esercitarlo».

Il professore di Economia internazionale fa riferimento alla retroattività del Brrd e alla mancanza di regole certe per tutti i casi. Le difficoltà di applicazione omogenea della normativa derivano in parte dalla debolezza politica dell’Unione, secondo l’economista della Cattolica Rony Hamaui, che dice: «Un ministro del Tesoro europeo potrebbe decidere in maniera più celere. Un’unione economica senza unione politica è difficile da far funzionare».

Secondo il professore di Economia monetaria dell’Ateneo Angelo Baglioni, infatti, «se non si parte dalla tutela del singolo risparmiatore diventa molto più complicato gestire le crisi bancarie». La tutela è mancata nei confronti dei risparmiatori italiani. Continua Baglioni: «Quando si è arrivati all’applicazione della normativa, i risparmiatori non erano a conoscenza del rischio».

Per Roberto Di Salvo, dirigente di Federcasse, «non c’è chiarezza nell’ambito del diritto comunitario». In quanto rappresentante delle Banche di credito cooperativo, fa notare che «la normativa europea non inserisce nessun metodo per salvare le Bcc». Laura Nieri, docente di Economia degli intermediari finanziari all’Università di Genova, ha concluso la presentazione “Osservatorio Monetario n. 3/2017” illustrando il suo studio che analizza i principali fattori che mettono a rischio il sistema bancario europeo».