di Alessandro Rovetta *

Ancora una volta la nostra penisola è stata colpita da una violenta scossa di terremoto che accanto all’ingente bilancio di vittime umane conta gravi ed estesi danni al nostro patrimonio culturale. Un primo censimento del ministero dei Beni culturali (Mibact) ha registrato almeno 300 siti di interesse artistico e architettonico colpiti dal sisma la cui localizzazione parte dall’epicentro dell’alto corso del fiume Tronto e si espande fino a Spoleto, Camerino, Macerata e, nuovamente, L’Aquila. Lesioni si sono riscontrate anche sulla facciata del Duomo di Urbino. 

Il patrimonio monumentale del nostro Paese è chiamato a fare i conti con i sommovimenti tellurici fin dalle sue origini, come ci ricordano i siti archeologici di Ercolano e Pompei. È opinione di molti che nella pianura padana, nel corso del medioevo, le distruzioni provocate dai terremoti abbiano incoraggiato le costruzioni di nuove cattedrali più grandi e strutturalmente più sicure. La stessa Amatrice, il centro più colpito dalle scosse dello scorso 24 agosto, annovera nella sua storia secolare altri terremoti ben documentati nel XVII e XVIII secolo che, nel 1639, portarono al collasso del palazzo degli Orsini, storici feudatari della zona, e di altri antichi edifici

Si può anche ricordare, come esempio della concatenazione di uomini e fatti che sostanziano il nostro patrimonio culturale, che la cattedrale di Ascoli Piceno è dedicata a sant’Emidio, protettore dai terremoti, e ha la facciata disegnata da Cola dell’Amatrice (Nicola Filotesio), gloria del rinascimento locale, pittore e architetto, autore anche della facciata di San Bernardino a L’Aquila e chiamato a ricostruire la sua città dopo il Sacco del 1527. 

Nel caso specifico di questo ultimo tragico evento si segnalano crolli significativi di noti monumenti con importanti complementi scultorei e pittorici, come le chiese di San Francesco (sec. XIV) e Sant’Agostino (sec. XV) ad Amatrice, il museo civico dello stesso paese,  la torre civica di Accumoli, la chiesa di San Benedetto a Norcia. 

La prospettiva non può che essere quella della ricostruzione, cercando di recuperare laddove possibile i materiali originari - si può ricordare il modello della ricostruzione per anastilosi del Duomo di Venzone, in Friuli, alla quale aveva partecipato la compianta archeologa dell’Università Cattolica Maria Pia Rossignani - e mettendo tutto a norma antisismica. 

Soprattutto in questo caso, occorrono piani integrati che considerino patrimonio culturale non solo i singoli monumenti, ma l’intero impianto urbano di questi centri, cresciuti armonicamente nei secoli e inseriti in un paesaggio appenninico di rara bellezza per la sua abbondanza di acqua e vegetazione. Amatrice è appena entrata nel novero dei “Borghi più belli d’Italia” proprio per queste qualità e analoghe considerazioni vanno fatte anche per gli altri centri. 

Il basso tasso demografico deve tener lontano progetti di new town e sollecitare rapide e controllate ricostruzioni con significativi impegni finanziari e coinvolgimenti di studiosi - penso anche al ruolo delle nostre università - non solo con competenze tecnico ingegneristiche, ma anche storico artistiche e architettoniche. Va ricordato che per Amatrice e Accumoli esiste una catalogazione capillare realizzata dalla Soprintendenza che comprende beni artistici, architettonici e paesaggistici e che può funzionare come indispensabile base di lavoro per i recuperi e le ristrutturazioni.

La vera sfida resta comunque quella della prevenzione, che attende da sempre concreti investimenti, decisamente superiori a quelli stanziati dopo il terremoto de L’Aquila, che senz’altro pareggerebbero i costi delle ricostruzioni. Non è impossibile mappare e mettere in sicurezza i nostri tesori sparsi nelle zone a maggior rischio sismico. Occorre soprattutto, come ricordato in questi giorni, un piano generale, come quello a suo tempo prospettato da Giovanni Urbani, l’autore del Codice dei beni culturali e del paesaggio, e mai concretamente avviato.

* Docente di Storia della Critica d'Arte, facoltà di Lettere e Filosofia (Milano) e direttore del master in "Catalogazione Informatica del patrimonio culturale"