Il mondo del lavoro cambia più rapidamente del previsto per effetto dell’emergenza sanitaria. Si attendono grandi novità nelle relazioni industriali, nel sistema assicurativo e previdenziale e, ovviamente, nel rapporto di lavoro. A indagare cosa ci aspetta sono dedicati due webinar, promossi mercoledì 6 e 15 maggio con diretta streaming nella homepage del campus di Roma, accomunati dal titolo “Covid-19: fase 2. Principi e tecniche per produrre lavorando in sicurezza”.

Come cambierà il mondo del lavoro una volta superata l’emergenza? L’abbiamo chiesto al professor Marco Marazza, docente di Diritto del lavoro alla facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica. 

«L’organizzazione del lavoro sarà, in principio, molto diversa» afferma. «Gli orari di lavoro avranno un’impostazione nuova, orientata a scaglionare le presenze. Certamente ci sarà molto smart working. Poi, superata l’emergenza, resterà comunque diversa perché sia le imprese che i lavoratori potrebbero avere interesse a consolidare un nuovo assetto, tendenzialmente definitivo, che valorizzi flessibilità degli orari e lavoro da casa». 

Le persone che da quasi due mesi stanno sperimentando il lavoro a casa osservano dei benefici, soprattutto in tema di work-life balance. Quali gli aspetti ancora da considerare da parte di enti, aziende e imprese? «Oggi si registra un entusiasmo piuttosto generalizzato e trasversale nei confronti di questo nuovo modo di lavorare. Ma, forse, non sono ancora ben chiare le difficoltà che si dovranno affrontare. Le imprese guardano alla razionalizzazione degli spazi come strumento di riduzione dei costi e le persone si sono rese conto che lavorare da casa, in fondo, è gradevolmente possibile. Però le imprese sono anche molto preoccupate di non perdere di vista la produttività e, sinceramente, questa preoccupazione la dovrebbero avere anche i lavoratori. Per loro è davvero importante che non venga mai meno la percezione dell’importanza e utilità del contributo che offrono, altrimenti si innescherebbe un meccanismo pericoloso. Lo smart working continuerà ad essere incentivato, ma i fattori in gioco sono davvero molti».

I concetti di spazio e tempo si sono già modificati: questo potrà influire sul rapporto fra lavoratori e datori di lavoro, tesi al comune obiettivo della produttività, ma con mezzi e ruoli diversi? «Per bilanciare queste diverse aspettative è determinante, anzitutto, un’adeguata formazione manageriale soprattutto dei cosiddetti quadri intermedi che dovranno coordinare persone che lavorano da casa. Serve una nuova competenza per lavorare in questo modo e, quindi, anche formazione.  Coordinare una persona da casa è molto diverso rispetto a farlo in ufficio. Ma poi sarà richiesto un contributo significativo soprattutto al dialogo sociale affinché l’evoluzione dell’organizzazione del lavoro sia accompagnata da regole collettive moderne e adeguate. Basti pensare al fatto che per lavorare senza vincoli di spazio e luogo è ragionevole discutere di sistemi di controllo del lavoro a distanza efficaci e sostenibili. Da studioso dei fenomeni del lavoro mi chiedo, poi, come tutto questo impatterà sulle persone anche da un punto di vista psicologico e comportamentale. Penso che questo sia un tema importante come quello tecnologico, perché le cose andranno di pari passo».

Come si comporteranno le imprese che non possono garantirlo? «Gli investimenti tecnologici potranno fare molto, ma non tutto. Nella fase emergenziale si dovrà utilizzare la cassa integrazione oppure potranno essere utili accordi sindacali che riducono gli orari di lavoro per distribuire tra più persone il lavoro».

Bill Gates ha dichiarato che, a causa della pandemia, la società e il lavoro si spingeranno “sempre di più verso il digitale”. Secondo lei, il Coronavirus potrebbe convincere le aziende italiane a investire maggiormente nella digitalizzazione? «I report disponibili, a partire da quello della Banca europea per gli investimenti, evidenziano che in Italia c’è ancora molto da fare per la digitalizzazione. Per rendersene conto basta considerare che in alcune scuole del Paese solo in questi giorni, a quasi due mesi dall’inizio della crisi, è iniziata la didattica a distanza. Al tempo stesso si deve anche notare che tanti, e a tutti i livelli, in questi due mesi hanno fatto passi da gigante nell’utilizzo delle tecnologie e questo è un buon punto di partenza. Può essere la base culturale per rendere davvero profittevoli i necessari investimenti perché, solo per fare un esempio, la pubblica amministrazione può avviare la digitalizzazione dei servizi ma poi serve anche che i cittadini la sappiano utilizzare».  

Quali saranno i temi particolari che verranno affrontati nei due webinar del 6 e 15 maggio? «Oggi siamo giustamente concentrati sugli strumenti di tutela della salute dei lavoratori che tornano in azienda. Proprio a questo tema abbiamo dedicato le giornate di confronto scientifico del 6 e 15 maggio 2020 e, prima, quella del 7 aprile. Ma nel futuro la riflessione giuslavoristica resterà di grandissima attualità per l’evoluzione dell’organizzazione del lavoro che va delineandosi. Conto molto sull’importanza del dialogo tra la comunità scientifica dei giuslavoristi e la facoltà di Medicina e chirurgia. Anzi, il mio augurio è che tutto ciò possa avvenire in piena collaborazione tra tutti i professori di diritto del lavoro di questo grande Ateneo, con approccio interdisciplinare e culturalmente aperto. E ovviamente con il coinvolgimento delle tantissime eccellenze presenti nei numerosi ambiti disciplinari coinvolti dalla rivoluzione industriale che ci attende».