Complessità e vulnerabilità, due termini “distanti” e in antitesi ma che insieme rappresentano bene quest’inedito periodo sconvolto da una pandemia che ha spazzato via tutte le certezze, mettendo a nudo le fragilità dell’uomo contemporaneo. Lo hanno raccontato in maniera efficace gli ospiti del WebinCatt “Complessità e vulnerabilità. La nave e il suo equipaggio”, il quarto dibattito virtuale su temi di attualità promosso mercoledì 29 aprile dalla community Alumni dell’Università Cattolica.

A confrontarsi, in un dialogo serrato, Vittorio Emanuele Parsi, docente di Relazioni internazionali e direttore dell’Alta scuola di Economia e Relazioni internazionali (Aseri), autore dell’ebook appena pubblicato per Piemme Vulnerabili: come la pandemia cambierà il mondo: tre scenari per la politica internazionale, e Ciro De Florio, docente di Logica e Filosofia della scienza, moderati da Daniele Bellasio, direttore della Comunicazione dell’Ateneo.

A introdurre la conversazione, seguita da più di 280 persone collegate in diretta streaming, è stato il rettore Franco Anelli, soffermandosi sul «governare un mondo complesso» che ci pone di fronte a «problemi inediti», per i quali ci sembrava di essere pronti ad ogni sfida visto che eravamo per antonomasia in un’epoca di cambiamenti che avevamo atteso con trepidazione. Eppure ci siamo «scoperti vulnerabili»: è tornata la pestilenza, questa «piaga d’Egitto». «Le fiducie dell’uomo contemporaneo vacillano e non capiamo nemmeno come il mondo che stava cambiando cambierà – ha osservato il rettore –. Oggi cosa sarà della globalizzazione, del mondo integrato, dell’universalismo, dato che dobbiamo chiudere frontiere, gestire l’intromissione nella vita privata delle applicazioni tecnologiche? Bisogna essere resilienti, assumere scelte difficili: non è solo un problema di affrontare la complessità ma capire come ricostruire le strutture delle organizzazioni che ci guidano».

Il concetto della complessità è stato ripreso anche dal professor De Florio che ha richiamato l’attenzione sul ruolo che la scienza sta avendo. «Quando pensiamo a sistemi complessi li pensiamo come interdipendenti tra loro, dove lo choc subito da una parte minima si propaga in maniera sorprendente». Ma questa complessità è il fondamento di una incertezza epistemica e anche politica di fronte alla quale non si sa come comportarsi alla luce del fatto che la scienza non ha una leadership. Tocca quindi alla politica interloquire con le élite scientifiche ma per farlo è necessario che ci siano «competenze architetturali» di cui forse la classe dirigente politica difetta.

Più che il concetto di vulnerabilità il professor Parsi chiama in causa la parola «vulnerabile» perché rimanda al «fattore umano», negli ultimi trent’anni messo sotto stress. «Nella globalizzazione a pagare il costo maggiore sono state le strutture politiche sottoposte a estrema torsione, con il conseguente indebolimento dell’autorità politica», ha sostenuto il docente.

«Il futuro ci mette di fronte alla possibilità di lavorare affinché la consapevolezza della nostra vulnerabilità sia l’elemento intorno a cui ripensare e ricostruire una nuova interdipendenza, così da non farci cogliere impreparati non solo dalla prossima pandemia, ma anche da qualunque altra tragedia bellica, finanziaria, epidemica, evitando il massacro delle popolazioni, il venir meno del benessere economico, della coesione sociale e dei diritti individuali». Ecco perché, ha aggiunto Parsi, «occorre cominciare a concepirci come l’equipaggio di un solo e insostituibile vascello, che all’infinito naviga in uno sterminato oceano. La nave è vulnerabile, e la sua componente più vulnerabile è costituita dall’equipaggio, la cui sicurezza non può venir messa in secondo piano: perché la solidità e la resilienza di un sistema sono dettate da quelle dell’elemento più fragile». Di qui il ruolo della politica che in questo periodo si è «accucciata dietro alla scienza» mentre spetta a lei il compito di indicarci la direzione.

«Tra un mondo governato dal denaro e un mondo governato dagli autocrati esiste una terza possibilità: quella di un mondo governato dagli esseri umani attraverso la forma di organizzazione politica che, pur con tutti i suoi limiti e difetti, più di ogni altra riconosce e tutela l’uguaglianza e la dignità dell’essere umano: la democrazia», ha notato Parsi.

Bisogna riuscire a «restare empatici», sentire un’appartenenza «senza rinunciare al rigore delle argomentazioni». Le crisi, «quelle grandi», offrono l’opportunità proprio perché «disperdono il potere» e lo «concentrano su nuovi equilibri e sotto nuove bandiere».