Nella Fase 2 gli italiani si sentono più vulnerabili ed esposti al contagio della “epidemia economica” di quanto non temano il contagio da Covid-19. Infatti, circa 2 italiani su 3 (il 58% degli intervistati) si sentono “abbastanza o molto a rischio” per la situazione economica della propria famiglia, mentre solo 1 italiano su 3 si sente “abbastanza o molto a rischio” di contrarre il Coronavirus (un dato sostanzialmente stabile rispetto alla Fase 1).

È quanto emerge dai primi risultati di una nuova “wave” di ricerca lanciata – nell’ambito del progetto CRAFT dell’Università Cattolica, campus di Cremona – dal team di ricercatori dell’EngageMinds HUB dell’Ateneo del Sacro Cuore coordinato dalla professoressa Guendalina Graffigna (Lorenzo Palamenghi, Greta Castellini, Mariarosaria Savarese e Serena Barello) relativa alle ricadute dell’emergenza sanitaria sulle percezioni e sulle preoccupazioni dei consumatori italiani.

Nei prossimi giorni l’analisi - presentata nell’evento serale dell’unidicesima giornata di #OpenWeekUnicatt intitolato “Come ripartire e come ripartire dall'Università?”- si completerà con nuovi dati e ulteriori insight che verranno presentati in un webinar che l’EngageMinds HUB della Cattolica terrà il 5 giugno, ore 11.30, sui suoi canali socialNei prossimi giorni, l’analisi si completerà con nuovi dati e ulteriori insight che saranno presentati in un webinar che l’EngageMinds HUB della Cattolica terrà il 5 giugno, ore 11.30, sui suoi canali social.


La ricerca è parte di un Monitor continuativo sui consumi alimentari e sull’engagement nella salute condotta dal centro di ricerca EngageMinds HUB della Cattolica, che rientra nelle attività del progetto CRAFT (CRemona Agri-Food Technologies). Si tratta di un progetto avviato dall'Università Cattolica nell'ambito di Cremona Food-Lab, con il contributo di Regione Lombardia e Fondazione Cariplo. La ricerca di EngageMinds HUB è stata condotta su un campione di 2000 italiani, rappresentativo della popolazione per sesso, età, appartenenza geografica e occupazione: i primi 1000 casi dal 27 febbraio al 5 marzo (seconda settimana di pandemia in Italia); i secondi 1000 casi dal 9 maggio-15 maggio 2020 (seconda settimana di fase 2 in Italia). I due campioni sono perfettamente sovrapponibili. La survey è stata realizzata con metodologia CAWI (Computer Assisted Web Interview).

Alla domanda “Quanto si direbbe preoccupato per le ricadute economiche dell’emergenza Covid-19?”, in media gli italiani hanno risposto 8,5 su una scala che va da 1 a 10. La preoccupazione è legata alla situazione finanziaria dei cittadini e alle prospettive per il futuro: il 43% degli intervistati riporta che la propria situazione economica è peggiorata nell’ultimo anno (+22% rispetto alla fase 1) e il 37% pensa che le proprie finanze peggioreranno nel corso del prossimo anno (+17%). Il “sentiment” è in trend negativo anche per quanto riguarda la situazione economica nazionale: l’80% ritiene che la situazione economica italiana sia peggiorata nell’ultimo anno (+29%) e il 57% pensa che continuerà a peggiorare nei prossimi 12 mesi (+16%).

Sul piano psicologico questo può voler dire che la preoccupazione per gli aspetti economici rischia, in futuro, di ridurre l’attenzione personale rispetto al pericolo di contagio e dunque di far abbassare la guardia sulla prevenzione. Una situazione che – spiegano i ricercatori di EngageMinds HUB – può portare a un senso di sfiducia verso le misure preventive e di insofferenza ad aderirvi. La situazione finanziaria sempre più critica per le famiglie italiane, dunque, presenta un doppio carattere di urgenza: innanzitutto gli italiani chiedono supporti e aiuti per ripartire, e questo è l’elemento oggettivo. Dall’altra parte sul piano psicologico e sanitario, però, la focalizzazione dell’attenzione e della preoccupazione delle famiglie, per l’oggettiva criticità della situazione economica, rischia di far calare l’attenzione dall’adesione alle misure per contrastare l’epidemia.

Cresce il timore del rischio contagio quando si fa la spesa

A farsi strada, infine, è la preoccupazione di essere contagiati per via degli alimenti acquistati al supermercato, percepiti come un possibile veicolo di infezione (circa un intervistato su 4 si sente “potenzialmente a rischio” di contrarre il Covid-19 a causa di possibili contaminazioni dei prodotti alimentari consumati).
«I dati di una prima “onda” di ricerca – commenta la professoressa Guendalina Graffigna – sono stati raccolti nel periodo iniziale dell’emergenza sanitaria, tra fine febbraio e inizio marzo 2020. Questa ulteriore indagine è stata lanciata sullo stesso campione rappresentativo della popolazione italiana nella seconda settimana di maggio, dunque in piena “fase 2”. Non solo: se la prima ricerca è partita cinque giorni dopo il “paziente 1”, la seconda ricerca è partita cinque giorni dopo l’inizio della “fase 2”; una preziosa simmetria che ci permette di fare comparazioni significative e capire le tendenze».