di Marianna D’Antona *

È un periodo molto delicato a livello sociale e politico, il coronavirus ha suscitato in noi perplessità, emozioni contrastanti, dubbi. Sono mesi difficili anche per le scadenze del voto amministrativo e del referendum costituzionale. Vi scrivo da studente a studente: ho 21 anni, sono laureanda in scienze politiche delle relazioni internazionali vengo da Palermo ma le scelte più importanti, come l’Università, le ho fatte a Milano, tra la passione per la società, politica e volontariato.

Il 20 e 21 settembre siamo chiamati a votare, ancora una volta, ma per un motivo particolare: il referendum costituzionale, che ha come oggetto il taglio dei parlamentari con la modifica degli articoli 56-57 e 59 della Carta. Approfondiamo insieme cosa si va a modificare, cosa cambia e che conseguenza può comportare per un Paese come l’Italia.

Avremo un testo e due caselle: un quadro per il Sì e uno per il No. Se voti Sì confermi la riforma, se voti No la respingi. È importante sapere che la consultazione, a differenza di altri appuntamenti referendari non avrà quorum, quindi possono andare a votare 100 persone o migliaia e il risultato della votazione è comunque valido. Il termine latino quorum deriva dalla frase “quorum maxima pars” e sta a significare il numero legale, la maggioranza, istituti ancora oggi fondamentali negli organi e nelle decisioni collegiali. 

Nel referendum confermativo, come in questo caso, si prescinde dal quorum, ossia si procede al conteggio dei voti validi espressi indipendentemente se abbia partecipato o meno alla consultazione la maggioranza degli aventi diritto. Per questo è ancora più importante la partecipazione al voto: cinque minuti della vostra vita per il futuro del vostro Paese.

Se il referendum avrà esito positivo, la proposta di legge entrerà in vigore e saranno modificati gli articoli della Costituzione (56 e 57) che determinano il numero di deputati e senatori. I primi diminuiranno da 630 a 400 e i secondi da 315 a 200 (esclusi i senatori a vita che avranno un massimo di 5). Il Parlamento nel complesso passerà così da 945 a 600 membri, più i 5 senatori a vita. Se nel voto referendario prevarranno i No, tutto rimarrà invariato.

Vi sono questioni che portano acqua a entrambe le posizioni, tra chi sostiene che un minor numero di parlamentari produca un parlamento efficiente, veloce e compatto e chi, invece, la considera la solita inutile e demagogica rivoluzione anti-casta. L’idea che mi sono fatta è che forse è pretenzioso pensare che tagliare il numero dei parlamentari sia una soluzione ai problemi del nostro Paese. 

Al di là di come la pensiate, faccio appello all’importanza della partecipazione al voto, soprattutto da parte di noi universitari. Il voto è personale, libero e segreto e il suo esercizio è un dovere civico. Come diritto è garantito dall’articolo 48 della Costituzione. Il disimpegno elettorale è un atteggiamento contrario al ruolo sociale e civile, prerogativa e dovere di ogni cittadino e non votare significa delegare ad altri le proprie scelte. Quando si vota bisogna mettere al primo posto l’interesse generale del Paese e mettere da parte quello individuale ma soprattutto valutarne i cambiamenti. Il voto dà la possibilità di assumersi le proprie responsabilità e noi studenti universitari siamo responsabili della società di oggi e di quella che vogliamo costruire.

Tantissimi italiani si disinteressano della politica, si cullano, si fidano delle parole leggere, facili. Quasi la metà non vota perché lo ritiene un esercizio inutile. L’astensione vuol dire far mancare alla collettività la propria opinione, non far sentire la propria voce. Chi non combatte ha perso in partenza e noi non possiamo permetterci di perdere pur avendo idee diverse. La vera sconfitta non è avere idee e opinioni diverse, ma restare apatici e disinteressati al bene comune.  

* laureanda in Scienze politiche e sociali, Università Cattolica