L’emergenza Covid ha prodotto un sensibile aumento del personale sanitario, specie in alcune specialità mediche, ma poco in Lombardia, la Regione italiana più colpita dall’epidemia. Prendendo in considerazione le discipline afferenti alla gestione del Covid-19 - ovvero anestesia e rianimazione, malattie infettive, medicina e chirurgia d’accettazione e urgenza, malattie dell'apparato respiratorio - nelle cinque regioni prese in esame (Veneto, Lombardia, Lazio, Piemonte e Marche) è possibile riscontrare un sistematico incremento nella richiesta di personale medico, con il primato in capo al Veneto. Considerando 69 bandi di concorso attivati, per le quattro specializzazioni mediche considerate, sono stati assunti (o in fase di assunzione) 444 medici di cui il 61% in Veneto, il 20% nel Lazio e solo il 3% in Lombardia. Il personale infermieristico, invece, sembrerebbe in leggero aumento seppur in misura inferiore rispetto al personale medico. In particolare, la richiesta di personale infermieristico sembrerebbe essere più marcata nel Piemonte e nel Lazio.
 
È quanto emerso dalla 19ma puntata dell’Instant Report Covid-19. Il report si è arricchito di un’indagine sul personale sanitario medico ed infermieristico per i quali è stato indetto un concorso pubblico nel periodo compreso tra il 9 marzo 2020 ed il 9 settembre 2020.
 
Quadro epidemiologico
In merito agli aspetti epidemiologici si confermano le differenze importanti in termini di incidenza della diffusione del Covid-19 nelle diverse Regioni che proseguono anche nella Fase 2. I dati (all’8 settembre) mostrano che la percentuale di casi attualmente positivi (n = 33.789) sulla popolazione nazionale è pari allo 0,06% (quasi raddoppiato rispetto ai dati del 1/09). La percentuale di casi (n= 280.153) sulla popolazione italiana è in sensibile aumento, passando dallo 0,45% allo 0,46%.
 
Il primato per la prevalenza periodale sulla popolazione si registra in Lombardia (1,01%), seguita da Valle d’Aosta (1,00%) e PA Trento (0,99%) ma è in Emilia-Romagna e Lombardia che oggi abbiamo la maggiore prevalenza puntuale di positivi (0,08%), con valori in leggero aumento nelle altre regioni, e con una media nazionale pari a 0,06%.
 
Tamponi diagnostici
Per quanto riguarda la ricerca del virus attraverso i tamponi, si osserva che nella maggior parte delle Regioni solo una minoranza dei casi accertati di COVID-19 risulta diagnosticata a partire dai test di screening. Il trend nazionale sul tasso dei tamponi effettuati (per 1000 abitanti) è in ascesa dal mese di luglio, e pari a 10,6 tamponi per 1000 abitanti (la settimana scorsa il tasso era di 9,94). 
Relativamente al tasso settimanale di nuovi tamponi, i valori più alti di tamponamento vengono registrati nelle regioni del nord (Veneto, PA Treno ed Emilia-Romagna). Il valore più basso viene registrato nella Regione Calabria (5,37).
Nella settimana appena trascorsa (dal 2 al 9 settembre) i costi sostenuti dal Ssn per realizzare i tamponi in Italia sono cresciuti di 22 milioni di euro raggiungendo il valore complessivo di oltre 331 milioni di euro, con una crescita del +6,7% in una sola settimana. Nella Regione Lazio l’accelerazione della spesa (dovuta alla crescita del numero di tamponi) è del +10,3% in una sola settimana. Le Regioni con la maggiore accelerazione (dopo il Lazio) sono la Campania (+9,3%) e Toscana (+8,3%).
 
Test diagnostici rapidi
Sebbene i test per il coronavirus siano in aumento in tutto il mondo, il problema della velocità e della precisione della diagnosi continua a costituire una sfida per le autorità sanitarie. Nella seconda metà del 2020 sono stati sviluppati dei test diagnostici rapidi che rilevano la presenza del virus in soggetti infetti. Questi test sono in genere basati sulla rilevazione di proteine virali (antigeni) nelle secrezioni respiratorie (tamponi oro-faringei o saliva). Se l’antigene o gli antigeni virali sono presenti in sufficienti quantità, vengono rilevati mediante il legame ad anticorpi specifici fissati su un supporto, producendo la formazione di bande colorate o fluorescenti. Questi test rapidi possono fornire una risposta qualitativa (si/no) in tempi molto rapidi (circa 30 minuti), e non richiedono apparecchiature di laboratorio, anche se per la lettura dei risultati di alcuni test è necessaria una piccola apparecchiatura portatile. Inoltre, tali test possono essere eseguiti sia nei laboratori (diminuendo la complessità e i tempi di lavorazione) sia anche al “punto di assistenza” (cosiddetto “point of care”), prevalentemente presso stazioni/aeroporti e negli studi dei pediatri e medici di famiglia, da personale sanitario che non necessita di una formazione specialistica.

I test antigenici rapidi sono in genere però meno sensibili del test molecolare classico eseguito in laboratorio, con una sensibilità (indicata dal produttore) nel migliore dei casi non superiore all’85% (cioè possono non riconoscere 15 soggetti su 100 infetti da SARS-CoV-2), anche se in genere la loro specificità appare buona (riconoscono solo SARS-CoV-2). Recenti validazioni cliniche fatte dai laboratori del SSN hanno mostrato una sensibilità reale di circa il 50% con una specificità superiore al 98%.

In Italia tali test sono stati utilizzati per la gestione degli screening di massa riferiti ai rientri dalle vacanze da Lazio, Veneto ed Emilia-Romagna mentre la Lombardia al momento ha pubblicamente definito i test antigenici rapidi poco affidabili.

«La disponibilità dei test diagnostici rapidi è di estrema importanza per attuare strategie di sanità pubblica efficaci a contenere il contagio e a garantire una quotidianità quanto più normale possibile in vista della stagione invernale – commenta il dottor Andrea Silenzi, ricercatore presso Centro di Ricerca e Studi sulla Leadership in Medicina dell’Università Cattolica. L’obiettivo – continua - è garantire a tutti test rapidi, affidabili e non invasivi. Al momento la bassa sensibilità di questi test è un limite all’utilizzo estensivo al di fuori delle campagne di screening attuate da alcune Regioni in setting specifici (es. aeroporti per rientro da località dove la circolazione del virus è maggiore) con l’obiettivo di individuare le persone a maggior rischio di aver contratto SARSCoV2 e quindi da sottoporre a tampone nasofaringeo per la diagnosi con test molecolare (RT-PCR). Tuttavia, è prevedibile che nuovi sviluppi tecnologici basati sulle evidenze scientifiche permetteranno di realizzare test diagnostici rapidi, molecolari e antigenici, maggiormente accurati».