«Il latino non mi ha insegnato a programmare ma ad affrontare qualsiasi testo con la convinzione di poterlo studiare». Pietro Tinelli è un giovane laureato triennale in Lettere classiche con una tesi sulla “Storia economica e sociale del mondo antico”. Ed è anche uno dei protagonisti del successo dei braccialetti Se mi perdo, realizzati dalla startup Blu Oberon di cui è socio. Un dispositivo che permette di ritrovare, grazie a un microchip e allo smartphone, bambini, anziani o animali che si sono persi.

La sua avventura imprenditoriale inizia tra i banchi universitari, quando Pietro è contattato dalla società nata nel 2013 per dedicarsi a un progetto che si rivelerà di grande valore. «Ho sempre studiato e parallelamente lavorato nell’ambito della comunicazione, scrivendo testi per siti web» afferma lo startupper, che si è laureato lo scorso febbraio. «Quando Blu Oberon mi proposto una collaborazione sullo sviluppo dei braccialetti finalizzati a ritrovare persone e cani, l’idea mi ha entusiasmato. Ed eccomi qui».

Che cos’è e quando è nato Se mi perdo? «Il nostro braccialetto è sul mercato dalla fine del 2015 ed è nato dall’individuazione del bisogno di un prodotto tecnologico semplice da utilizzare e che non costasse molto. Serve a ritrovare persone disperse come i bambini, ma anche i cani per i quali esiste la versione “collare”».

Come funziona? È molto semplice: è una striscia di tessuto elastico in cui è integrato un chip più sottile di un capello grazie a una tecnologia impalpabile. Avvicinando uno smartphone con tecnologia NFC al braccialetto o collegandosi al sito, chiaramente indicato con una scritta in italiano e in inglese sul retro, parte una chiamata o un messaggio ai dispositivi registrati. Così i genitori, i parenti o il padrone del cane possono geolocalizzare immediatamente il soggetto. È attivo in tutto il mondo, senza batteria, anche nei luoghi chiusi ed è anche double face. Insomma è universale».

Quali funzioni avete sviluppato? «Rispetto alle prime versioni Se mi perdo si è molto evoluto. Da un mese e mezzo, avvicinando il telefono al braccialetto si apre una chat con i genitori e, da prima dell’estate, è disponibile una versione per anziani malati di Alzheimer, sviluppata su richiesta di un centro diurno Asl di Roma. Non serve scaricare alcuna app per utilizzare il braccialetto perché tutto il sistema è automaticamente integrato in remoto.

Non manca l’attenzione al packaging… «Poiché l’occhio vuole la sua parte, i braccialetti sono di diversi colori, realizzati a mano con un tessuto elastico e con una tecnologia accattivante».

Quanto costa Se mi perdo e come vanno le vendite? «Il costo è di 20 euro sia per il braccialetto sia per il collare. Dalla fine del 2015 ne abbiamo vendute molte migliaia con uno sbilanciamento a favore dei braccialetti. Prima dell’estate e delle vacanze, per ovvi motivi, c’è stato un notevole incremento delle vendite. Il canale di maggiore diffusione del prodotto è internet e, in particolare, facebook ci garantisce una grande visibilità».

“Curiosità, competenza, innovazione ed entusiasmo sono gli ingredienti di cui ci nutriamo ogni giorno, conditi con un pizzico di ambizione”. Così si presenta il vostro sito. È sufficiente per realizzare una società? «In realtà avviare una start up è abbastanza semplice e si può contare anche su diverse agevolazioni per i giovani imprenditori. Certo, servono molte competenze. Noi siamo due soci ma possiamo contare su una decina di collaboratori che provengono da ambiti differenti: umanistico (e alcuni di loro provengono come me dalla Cattolica), informatico, grafico, logistico. E poi abbiamo un ufficio stampa esterno che ci supporta nel far conoscere i prodotti».