di Alberto Arosio *

Due giornate di campo estivo nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini. Natura, storia, memoria, leggenda e sport, intrecciandosi, sono stati degli ottimi mediatori che hanno permesso di creare giorni gioiosi per 50 bambini e ragazzi dei paesi limitrofi a Piana di Campolungo presso Garulla, teatro naturale del progetto promosso dall’Unità di ricerca sulla resilienza RiRes dell’Università Cattolica insieme alla Comunità Volontari per il Mondo e alla Fondazione Laureus.

Il progetto ha coinvolto anche gruppi di genitori orientati alla condivisione delle emozioni legate alla propria terra ferita ma desiderosa di guardare al futuro, e costruzione di una storia che possa raccontare, in maniera velata e attutita, il terremoto ai propri bambini, rinviando quindi al potere del mito e della leggenda nella costruzione dell’identità territoriale propria e dei loro bambini.

L’intervento cui ho partecipato si è svolto in terre come quelle delle Marche, così come in quelle delle regioni limitrofe ripetutamente colpite dal sisma, dove c’è la volontà di ripartire, forse anche la necessità di una rinascita, ma soprattutto la voglia di guardare con occhi sempre nuovi al domani, con occhi resilienti.

Ed è proprio grazie a questo che ho potuto stare a stretto contatto con persone che hanno subito la violenza del terremoto: ho ascoltato il vissuto degli adulti, le loro preoccupazioni, le loro paure ma anche il loro riscoprire valori a cui forse tutti noi nella quotidianità non poniamo la giusta attenzione. Allo stesso tempo ho incontrato anche i bambini, che tramite racconti e brevi aneddoti, hanno saputo esternare la loro visione del terremoto: un misto tra timori e capacità di esorcizzare quanto vissuto.
 
Fin dalle prime ore del mattino, i ragazzi si sono letteralmente armati di simpatiche e colorate spade, scudi, bacchette magiche create da loro, per affrontare con coraggio l’intera giornata a fianco del cavalier Guerrin Meschino (storia in parte ambientata in una grotta del Monte Sibilla) e riappropriarsi lentamente delle loro montagne.

Orientate le proprie mappe secondo i punti cardinali, si sono poi immersi nel “bosco fatato”, lasciandosi incuriosire dalle guide Cai, che hanno illustrato le varie specie vegetali, e coinvolgere da attrici nella narrazione della leggendaria Sibilla Appenninica, per riversare in seguito tutta la loro energia nelle attività sportive organizzate appositamente per loro.
 
Queste giornate, all’insegna del coinvolgimento tra uomo e natura, hanno messo in campo bambini con una grande capacità di sapersi spendere nel miglior modo in ogni sorta di attività svolta; ma soprattutto hanno saputo confrontarsi ed esprimere le proprie impressioni, riportando i momenti che più li hanno fatti sentire partecipi in rapporto con se stessi, con gli altri e con la natura che li circondava. L’emozione dei bambini era palpabile sotto ogni forma di gioia.

Anche i genitori coinvolti in un momento a loro dedicato, sono stati invitati a guardare al terremoto, non più solo come a un elemento che incute timore e allontana quel senso di protezione che la natura - e la montagna, in particolar modo - ha sempre offerto loro, ma a trasformarlo nel protagonista di una simpatica favola da poter raccontare ai propri figli. E chissà, che un domani, possa diventare una nuova leggenda degna di essere letta e aggiunta tra quelle che aleggiano su queste montagne.
 
Da queste giornate sono così fuoriuscite quelle stesse virtù che i bambini hanno giocosamente donato al cavalier Guerrin Meschino, fatte di forza, fede, furbizia, coraggio, rispetto, sorriso e amore in contrasto a tutte quelle paure che invece rallentano la serenità e l’agire quotidiano di chi abita queste terre.

* studente del master Relazioni di aiuto in contesti di sviluppo e cooperazione nazionale e internazionale