di Leonardo Paolinelli *

I miei genitori mi hanno abituato fin da piccolo all’umiltà, alla sincerità, alla spontaneità, alla semplicità e al sacrificio personale. Sono i valori che mi hanno accompagnato finora tanto nelle relazioni interpersonali quanto nel mio modo di fare in tutte le occasioni che mi sono trovato ad affrontare.

Con questa convinzione tre anni fa avevo scelto di studiare in Università Cattolica, dove ho trovato un ambiente che mi ha fatto sentire sin da subito una persona umana anziché una semplice sequenza di sei o sette numeri. E qui ho trovato un’altra grande opportunità: partecipare al Charity Work Program, un’esperienza che ho colto con lo spirito di ampliare gli orizzonti della mia mente e crescere tanto dal punto di vista umano quanto professionale.

Voglia di imparare e di mettersi in gioco, di conoscere nuovi luoghi, nuove persone, nuovi modi di fare, nuove tipologie di organizzazioni lavorative mi hanno spinto a partire per il Senegal per scoprire il mondo della cooperazione allo sviluppo. Una volta arrivato a Dakar io e la mia compagna di viaggio Beatrice Distort siamo stati accolti dai cooperanti dell’Ong Vis Volontariato Internazionale per lo Sviluppo) Gianpaolo Gullotta e Michel Metamno che ci hanno introdotto nell’operatività corrente del loro lavoro lì in Senegal.

La nostra attività si è articolata in vari compiti e le pagine della nostra agenda erano quotidianamente piene di impegni. Il primo era l’ideazione e implementazione di idee da inserire nel programma "StopTratta", un progetto volto a contrastare la migrazione irregolare che l'Ong sta avviando nella regione senegalese di Tambacounda, per fornire ai giovani un’opportunità di formazione in modo tale di rendere l'emigrazione una possibilità e non l'unica alternativa plausibile.

Abbiamo poi collaborato alla realizzazione di una ricerca su “Microcredito e Rimesse dei migranti: propulsori per lo sviluppo dell'economia senegalese".

Una parte del tempo era dedicata a svolgere il ruolo di animatore all'oratorio salesiano “Ker Don Bosco” di Dakar dove si è svolto, dall' 8 al 28 Agosto, un centro estivo denominato “Bosco vacances” sul tema “La Citoyennetè des Jeunes pour en Senegal èmergent” (La cittadinanza dei giovani per un Senegal emergente), dove ho incontrato circa trenta altri animatori del centro che, nonostante il breve periodo trascorso insieme, non hanno esitato a farmi sentire parte di quella bella famiglia, che avevano creato nei precedenti incontri di formazione.

Ciascuna di queste tre settimane aveva uno specifico tema con relative attività: la prima settimana aveva ad oggetto “Les activites manuelles” e quindi la realizzazione di braccialetti, collane, orecchini e portachiavi; la seconda è stata più orientata verso lo sport e alla realizzazione delle “Olimpiadi per i bambini” (visto che quello era esattamente il periodo dei giochi olimpici); e, infine, l'ultima settimana, è stata interamente dedicata alla cultura e al teatro dove la realizzazione di sketche era alternata alla messa in scena di balli tipici senegalesi.

L’ultima attività che mi ha coinvolto è stata la realizzazione a “Ker Don Bosco” di un meeting internazionale sulla gestione delle Risorse umane, dal titolo “Formation en Gestion des Ressources Humaines pour les Bureaux de Planification et Developpement d’Afrique et Caraibes”, cui hanno partecipato diversi esponenti delle ispettorie salesiane dell’Africa e dell’America Latina.

Tutte queste attività hanno reso le mie giornate molto dense di impegni e di difficoltà ma al contempo mi hanno dato modo di mettermi alla prova al di fuori del mio ristretto ambito di studi economici universitari. Inoltre, la gioia e la gratitudine nel vedere riconosciuto il proprio lavoro superava di due volte lo sforzo compiuto. Finora infatti, nella mia vita, ho cercato di mettermi alla prova in contesti molto diversi tra loro al fine di evitare di acquisire un punto di vista unilaterale ma nell'ottica di avere una visione sistemica di ogni problema.

Qui in Africa ho infatti scoperto lo stimolante mondo della cooperazione allo sviluppo e ho acquisito competenze di progettazione: la realizzazione dell’albero dei problemi di un Paese a partire da un problema generale, come la migrazione irregolare; la costruzione del rispettivo albero delle soluzioni; l’identificazione di un ramo da analizzare e elaborazione di un progetto specifico per quel ramo: identificazione dell’obiettivo generale, dell’obiettivo specifico ed elaborazione di attività da implementare per correggere il problema e la loro successiva esplicazione in accordo alle guideline del donatore di fondi.

Due mesi sono corsi via a velocità supersonica e, una volta arrivato il momento della ripartenza, come un brusco rumore che rompe la quiete, sono dovuto risalire su quell’aereo che, solo due mesi prima, mi aveva portato a Dakar. Non è stato assolutamente semplice salutare quella terra a volte ostica ma che mi ha accettato come un figlio e mi ha fatto sentire a casa accogliendomi con tutta la sua vibrante energia, la sua vitalità, la sua voglia di riscattarsi e il suo incessante ritmo di tamburi. Là ho infatti lasciato molte persone che hanno colto il mio sorriso, il mio calore, la mia apertura verso di loro e hanno ricambiato tutto ciò con un amore ancora più grande, travolgente, con sorrisi contagiosi, con una sincerità di sentimenti, con un calore ancora più penetrante della fortissima afa di Dakar ma soprattutto con la semplicità di donarmi qualche oggetto della loro vita.

Ho riscoperto la sincerità dei rapporti, la loro semplicità e il concetto francese del “partager”, ovvero la necessità di condividere con il prossimo ciò che si possiede per entrare in un livello superiore di gioia e felicità. Sono tornato in Italia e conservo dentro di me, come un tesoro dal valore inestimabile, i concetti del “On est ensemble”, del “Tu es mon frere” e del “Nous sommes en famille”. Valori che già conoscevo ma che qui si sono arricchiti di una spontaneità e profondità davvero disarmante.

Al ritorno sono stato accolto dalle innumerevoli domande degli abitanti del mio piccolo comune delle Marche. Io mi riprometto di essere un “megafono vivente” che cercherà di dare voce al lato di questo continente fatto non di Grand Resort e Hotel a 5 stelle del Kenya, ma costituito da persone oneste che umilmente cercano di migliorare la propria vita, il proprio Paese, amorevolmente aperte verso chiunque sia aperto al dialogo e pronte a fornire idee di sviluppo locale.

* 22 anni, di Ostra (An), studente del terzo anno del corso di laurea in Economia e gestione aziendale, facoltà di Economia, campus di Milano