Al viaggio culturale organizzato dal Centro pastorale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore hanno partecipato 20 professori dell’Ateneo con i loro familiari e amici per un totale di 62 persone. «L’elevato numero delle adesioni, ben superiore a quello delle precedenti esperienze, conferma il grande interesse dell’Ateneo per i processi di internazionalizzazione e, in particolare, per quanto sta accadendo in Oriente e soprattutto in Cina» afferma in questa intervista realizzata dall’agenzia Sir, l’assistente ecclesiastico generale monsignor Claudio Giuliodori (nella foto in alto), che ha promosso l’iniziativa.

L'Università Cattolica intrattiene relazioni con istituzioni accademiche a Shanghai e Pechino. Quali sono? E quali sono gli ambiti di collaborazione e i progetti in corso? Quali le ulteriori prospettive di sviluppo? «Sono ormai centinaia i cinesi che frequentano le diverse facoltà o i master dell’Università Cattolica. Ci sono poi le relazioni e i progetti istituzionali che ci vedono coinvolti in iniziative comuni con alcune università cinesi a Shanghai e Pechino. È in questo contesto che abbiamo fatto visita al Dipartimento di filosofia e di studi religiosi della Fudan University di Shanghai e alla BLCU-Beijing Language and Culture University di Pechino. Con quest’ultima istituzione la collaborazione passa in modo particolare attraverso l’Istituto Confucio presente anche presso il nostro Ateneo e alcuni progetti che consentono di conseguire titoli double degree in entrambi gli atenei».

Tra le diverse visite, quella sulla tomba di Matteo Ricci, il gesuita che ha condiviso con la Cina la cultura occidentale e, al tempo stesso, ha saputo entrare nel cuore del Paese attraverso la conoscenza della lingua e della cultura, insomma uno scambio culturale libero e rispettoso. «Tutto il viaggio aveva come filo conduttore la testimonianza e l’insegnamento del grande gesuita maceratese (Macerata 1552 - Pechino 1610) che ha segnato la storia culturale e scientifica cinese percorrendo nuove e affascinanti strade per l’evangelizzazione. Appena arrivati in Cina abbiamo fatto visita al Xu Guangqi Memorial Hall che ricorda il più importante collaboratore cinese di padre Matteo Ricci, tra i primi battezzati con il nome di Paolo e tra i più rappresentanti funzionari imperiali del suo tempo. È stato ministro dell’agricoltura e della difesa e perfino primo ministro sotto la dinastia Ming. A Pechino poi abbiamo visitato la Cattedrale del Sud Nan Tang costruita esattamente nel luogo concesso dall’imperatore per l’insediamento, a partire dal 1601, della prima comunità dei gesuiti guidata da padre Matteo Ricci. Oltre ad aver visitato l’Osservatorio astronomico antico, dove è ben documentata la presenza e l’opera dei gesuiti nel campo dell’astronomia in Cina, abbiamo vissuto il momento più alto e significativo del viaggio con la celebrazione della Santa Messa sulla Tomba dell’illustre gesuita che si trova nel giardino di quella che attualmente è la sede del partito comunista di Pechino». 

Qual è oggi il suo messaggio a un'istituzione formativa e culturale come la Cattolica? «La particolare ammirazione che il popolo cinese esprime, ancora oggi, nei confronti di Li Madou (nome cinese di padre Matteo Ricci) conferma la grandezza del suo metodo missionario che ha saputo declinare l’annuncio del Vangelo attraverso tutte le strade della cultura, della scienza, dell’arte e del dialogo sia filosofico che religioso. Il suo messaggio pertanto è di straordinaria attualità anche per un’istituzione come l’Università Cattolica che ha il compito di formare le nuove generazioni a un sapere aperto a tutte le conoscenze a partire da una visione che si ispira all’universalismo cattolico e alla ricerca sincera della verità».

Un'ulteriore tappa del viaggio è stato l'incontro con la congregazione femminile fondata da Armida Barelli. Che cosa è emerso da questo confronto? Qual è oggi il volto di questa congregazione? «Non poteva mancare nella tappa che abbiamo fatto a Xi’An, l’antica e gloriosa città imperiale - oggi famosa soprattutto per l’esercito di terra cotta - l’incontro con la congregazione religiosa fondata da Armida Barelli nel 1923, negli stessi anni in cui muoveva i suoi primi passi l’Università Cattolica. La Barelli non è mai stata in Cina ma quello di sostenere le missioni cinesi era un suo sogno, coltivato fin dalla giovinezza, che si è concretizzato con la creazione di un ordine religioso femminile che ancora oggi conta ben 250 suore cinesi a servizio della Diocesi e di alcune istituzioni a carattere educativo e caritativo».

Che valore ha oggi promuovere occasioni di incontro, conoscenza e dialogo con la Cina? Al di là dello scambio culturale, il Papa ci indica la costruzione di ponti di dialogo come strada maestra per la pace e l'equilibrio mondiale. In questa prospettiva quale ruolo può avere la Cina nel dialogo Europa/Asia, Occidente/Oriente? «Basta un semplice viaggio culturale come questo per rendersi conto di quale sviluppo e di quale rilevanza politica, economica e culturale la Cina va assumendo per i cambiamenti interni e per il suo ruolo in ambito mondiale. Non sarà possibile pensare il futuro del pianeta senza confrontarsi con questo grande popolo che conta circa un miliardo e mezzo di persone e che sta vivendo una delle sue stagioni di maggiore dinamismo e crescita, ovviamente con una complessità di situazioni e di problematiche i cui esiti non sono facili da prevedere. È evidente che ogni iniziativa di dialogo e di incontro, nello “stile di amicizia” insegnato da padre Matteo Ricci non potrà che agevolare la conoscenza, la stima e la collaborazione per un cammino, come auspicato anche da Papa Francesco, di pace, concordia e armonia, termini tanto cari alla cultura tradizionale cinese e propedeutici anche all’accoglienza del Vangelo»