Tra le difficoltà e le sofferenze provocate dalla clausura forzata di queste settimane c’è un problema serio e purtroppo sempre attuale che colpisce una parte fragile della popolazione. Molte donne sono oggetto di violenza domestica e l’essere costrette a stare a casa mette ancor più a repentaglio la loro salute e incolumità.

Nel 2019 in Italia l’82,2% dei femminicidi è avvenuto all’interno della famiglia, un dato non confortante e tanto più preoccupante nella situazione di questi giorni.

La ministra per le Pari Opportunità Elena Bonetti ha chiesto alle istituzioni di dare il massimo risalto alla campagna sul numero antiviolenza 1522, attivo 24 ore su 24, perché le donne oggetto di abusi possano chiedere aiuto anche scaricando sullo smartphone la app 1522. Infatti per le donne che vivono questa condizione, diventa difficile anche fare una telefonata per paura di essere ascoltate dal proprio convivente. La chat rappresenta, così, una possibilità per mettersi in contatto con le operatrici.

Dai dati del Telefono Rosa, emerge che «in questo periodo di coabitazione forzata e di restrizioni alla circolazione, le donne denunciano meno le violenze subite dai propri partner; si sta registrando un vero e proprio crollo delle segnalazioni, le chiamate al 1522 nelle due ultime settimane si sono dimezzate rispetto allo stesso periodo dello scorso anno e le denunce alle Forze dell’Ordine sono diminuite del 50%». Ma questo non è certo il segno di una riduzione degli episodi di violenza.

Alcune Ong in Cina hanno già denunciato un’impennata di violenze sulle donne e di femminicidi, rischio che l’Italia vuole assolutamente scongiurare.

Il Ministero ha avviato per questo una Campagna ad hoc: #liberapuoi

Il Comitato Pari Opportunità dell’Università Cattolica ha sposato l’iniziativa del Ministero e ha attivato un progetto di ricerca, come racconta il presidente e docente di Storia economica Aldo Carera: «A partire da un’indagine preliminare di UN.I.RE (Università in rete contro la violenza di genere) abbiamo cominciato una ricognizione sulle ricerche che in ateneo vengono svolte sulla violenza domestica. In particolare gli studi riguardano il terzo settore, soprattutto nelle aree psicologica e pedagogica, e sono dedicati alla formazione di operatori qualificati nell’attività di prevenzione e di contrasto».

«Il nostro ateneo infatti - ha specificato il professore - da sempre è attento ad affiancare alla tradizionale attività di ricerca e alla didattica una sensibilità alla preparazione di persone che opereranno nel sociale. Nel caso specifico si tratta di insegnare agli operatori un metodo per affrontare le dinamiche interne ai nuclei familiari con la conoscenza delle loro relazioni intime e, a partire da queste, prendere iniziative di contrasto alle forme di violenza».