“Il Sessantotto visto a 50 anni di distanza è ancora un fenomeno culturale e sociale molto complesso, di difficile interpretazione proprio per i diversificati aspetti che l’hanno caratterizzato”, introduce così il preside di facoltà Luigi Pati il convegno “I giovani a 50 anni dal ‘68”, organizzato da Scienze della Formazione alla Cattolica di Piacenza grazie alla “Donazione Ferracuti”.

Dopo i saluti del vicesindaco Elena Baio l’evento, che ha visto un’ampia affluenza di studenti delle scuole superiori, docenti ed educatori, ha proposto la visione di una sequenza del documentario di Roberto DASSONI e Jessica LAVELLI “Aspettando la rivoluzione. 50 anni fa a Piacenza”.

E' poi stata la volta di una riflessione, aperta dalla prof.ssa Carla Ghizzoni, sui giovani di oggi, sul loro desiderio di far sentire la loro voce e far emergere il loro valore.

E la conquista della parola nel dibattito è “un traguardo - ha rimarcato la docente di storia contemporanea Maria Bocci - che parte anni prima, da Berkeley. Prima ancora delle marce contro la guerra in Vietnam che hanno preceduto e caratterizzato il Sessantotto, un giovane di origini italiane, Mario Savio, divenne il leader indiscusso del Free Speech Movement, ovvero il movimento per la libertà di parola, ciò che contraddistingue l’uomo.

Libertà di parola, ma anche le aspirazioni contro l’oppressione sociale della macchina capitalista, per essere protagonisti della propria vita, cambiare il mondo, cancellare le ingiustizie e le discriminazioni”.

Le varie ondate di contestazione che interessano i giovani degli anni Sessanta dimostrano che il loro orizzonte, forse per la prima volta, è davvero globale, prosegue Bocci: “In quel periodo i ragazzi sono ‘connessi’ tra loro, forse più profondamente di quanto non lo siano i ragazzi di oggi. I giovani degli anni Sessanta esprimono infatti identità planetarie, che oltrepassano confini e differenze culturali per aprirsi a tendenze, riflessioni e rivendicazioni provenienti da tutto il mondo”.

Una “connessione”, quella che interessa i Millenians, che passa soprattutto attraverso la rete e i social, come ha ben illustrato dal Fabio Introini, professore associato di Sociologia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, attraverso i dati del Rapporto Giovani, l’indagine periodica svolta dall’Istituto Toniolo, presentati durante il dibattito: “Oltre il 90% ha un account attivo su Facebook, circa il 60% su Instagram, circa il 40% su Twitter e poco più del 20% su Linkedin.

Questo non significa tuttavia che tutti i Millennials sappiano sempre trarre dal loro uso vantaggi in termini di empowerment e crescita del proprio capitale sociale, come sarebbe opportuno per far sì che queste piattaforme diventino strumenti e occasioni per guadagnare una maggiore inclusione sociale”.

I Millennials si connettono prevalentemente per motivi ludici e il 71,8% di loro considera i social network come ambienti altamente inaffidabili, in cui le notizie che circolano possono essere sia vere sia fake news, e le persone possono parteciparvi sia in maniera costruttiva sia come meri “troll”. “La rappresentazione dei social come luoghi inaffidabili e ludici, li porta a non considerarli seriamente come luoghi dell’impegno, della partecipazione e dell’auto-promozione” dice Introini.

Dai dati del Rapporto giovani emerge che il volontariato è un luogo di partecipazione tenuto in grande considerazione dai Millennials. Nel 2017 è tra le uniche istituzioni, insieme alla ricerca scientifica e agli ospedali, ad avere raggiunto la sufficienza nella scala della fiducia

“La buona notizia è che diminuisce drasticamente la quota di giovani che non hanno mai fatto esperienze di volontariato, dal 64,8% del 2013 al 55,2% del 2017. Cresce anche la percentuale di chi ha avuto esperienze di volontariato in passato (21,6% nella prima rilevazione e 34,6% nell’ultima). C’è quindi una maggiore familiarità e contiguità dei giovani con questo tipo di attività”.

Il dibattito della mattina è stato completato dai laboratori pomeridiani, dalla mostra “Gli studenti dell’Università Cattolica verso il Sessantotto. Un percorso fotografico”, curata dall’Archivio generale per la storia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, dalle performance dei Writers Mister Dada e Rameist dell’Associazione Culturale McLuc Culture e dall’Intermezzo del rapper Danilo GAMBARA.