Con ogni probabilità sarà l’Italia il maggior beneficiario del piano messo a punto dalla Commissione europea. Che segna un passo avanti importante in direzione della tanto auspicata unione fiscale, ma anche un banco di prova decisivo per il nostro paese. Pubblichiamo la parte inziale dell’articolo dei professori dell’Università Cattolica Angelo Baglioni e Massimo Bordignon apparso su La Voce.info


di Angelo Baglioni e Massimo Bordignon *

La proposta avanzata dalla Commissione europea il 27 maggio, relativa all’avvio di un Recovery Fund, rappresenta una occasione storica per l’Europa e per l’Italia. Non solo per la quantità di risorse messe sul tappeto, ma soprattutto per i suoi aspetti qualitativi. Il rischio principale per il nostro paese è che essa rappresenti un’ennesima occasione sprecata, a causa dei pregiudizi verso le istituzioni europee e della mancanza di visione della classe dirigente, nonché della storica inefficienza della nostra pubblica amministrazione.

Naturalmente, si tratta per il momento solo di una proposta; per essere approvata richiederà certamente una dura contrattazione con i piccoli paesi “rigoristi” del Nord Europa, forti del fatto che il bilancio europeo richiede l’approvazione unanime dei membri. Tuttavia, alla luce dell’accordo franco-tedesco della settimana scorsa, è molto difficile che venga snaturata. La differenza delle forze in campo e i rischi per i “rigoristi” se tirano troppo la corda (i restanti paesi possono sempre decidere di andare avanti da soli, con ovvie ripercussioni) sono tali da immaginare che alla fine si troverà una qualche soluzione che ne consenta l’approvazione salvando la faccia a Rutte e colleghi.

Se il Recovery Fund andrà in porto nella versione proposta dalla Commissione, questa diventerà il maggiore emittente sovranazionale in Europa, con nuove emissioni di titoli di debito per 750 miliardi. Si tratterà di titoli a lungo termine, con scadenze previste fino a trent’anni. I soldi raccolti sui mercati finanziari serviranno in parte (250 miliardi) per finanziare prestiti ai paesi membri che li dovessero richiedere, ma in misura ancora maggiore (500 miliardi) per erogare contributi ai governi e ai cittadini europei, in linea con quello che da sempre fa il bilancio europeo. I 750 miliardi del Fondo si sommeranno ai circa 1.100 miliardi del finanziamento per le attività normali del bilancio europeo nel periodo 2021-27, che resteranno inalterati.

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* docente di Economia monetaria alla facoltà di Scienze bancarie, finanziarie e assicurative e docente di Political and Public Economics alla facoltà di Economia dell’Università Cattolica