Contro i sovranismi serve un nuovo europeismo, fatto di buone idee e buone proposte. È il messaggio forte emerso dal dibattito sul futuro dell’Unione Europea promosso mercoledì 17 aprile dalla facoltà di Scienze bancarie, finanziarie e assicurative dell’Università Cattolica in vista delle elezioni del 26 maggio e dal titolo rappresentativo “Idee per l’Europa”. 

Già perché, ha chiarito sin dall’inizio Andrea Boitani, docente di Economia politica e coordinatore dell’iniziativa, «l’intento dell’incontro non è tanto discutere “sull’idea di Europa”, quanto proporre “idee per l’Europa”».

Dopo i saluti del prorettore vicario dell’Ateneo Antonella Sciarrone Alibrandi, del Direttore della rappresentanza della Commissione europea a Milano Massimo Gaudina, del rappresentante di Agorà Europe Alberto D’Alessandro, il dibattito è entrato nel vivo con l’intervento di Sergio Fabbrini, editorialista de Il Sole 24 ore e docente della Luiss di Roma, che ha preso in considerazione la sfida sovranista in una Europa scossa dalla crisi finanziaria del 2008 e dalla Brexit. 

«L’alternativa al sovranismo è l’europeismo», ha detto Fabbrini. «Ma anche in questo caso ci sono elementi di forza ed elementi di debolezza, come per esempio, l’idea di un’Europa che sia la replica in grande di uno stato nazionalista da costruire». Il punto essenziale, invece, è che «l’Europa politica sia organizzata non in uno stato federale, ma in un’unione federale di stati, senza fusione né confusione di livelli e competenze. E con una piena legittimazione democratica del potere federale. Ben distante, insomma, dall’Unione come la conosciamo oggi: con un deficit democratico profondo, accentuatosi negli ultimi anni di crisi, di fatto appesa alle decisioni non della Commissione o del Parlamento di Strasburgo ma del Consiglio europeo dei capi di governo, cioè dei governi nazionali», ha aggiunto Fabbrini.

Al tema della crisi si è collegato Vittorio Emanuele Parsi, docente di Relazioni Internazionali nella facoltà di Scienze Politiche e Sociali dell’Università Cattolica. C’è un parallelismo con gli anni ‘20 immediatamente successivi al Patto di Versailles. Allora come oggi c’è un atteggiamento dominante, che è quello del risentimento dei vinti, dei delusi, degli inascoltati».  La sfiducia nelle istituzioni dipende dalla percezione di iniquità del sistema. Questo è un problema che non riguarda solo l’Europa: è l’ordinamento liberale che sta implodendo.  Inoltre se le sovranità sono tornate a contare è perché in Europa esistono Paesi più sovrani di altri. «Per dare più peso l’Europa deve proporsi come scudo per i diritti dei cittadini. Ma occorre cambiare le maggioranze di governo e le politiche: un’Europa senza un’unione europea sarà peggio di un’Europa senza una qualunque Unione Europea».

Anche Roberto Tamborini, dell’Università di Trento, è ritornato sul tema dei sovranismi che dilagano nel Vecchio Continente, differenziando quelli europeisti da quelli anti europeisti. «I sovranisti perbene rispettano trattati e regole per quanto compatibili con il loro interesse nazionale. I sovranisti maleducati si scagliano contro i tecnocrati di Bruxelles rivendicando spazio e soddisfazioni per i loro interessi nazionali. Entrambi avversano una maggiore condivisione di sovranità». Per spezzare questo status quo, ha concluso Tamborini, «occorre mettere in atto un programma di discontinuità con il passato». Un modo per dire che il futuro dell’Europa è nelle mani dei leader politici che a fine maggio usciranno dalle urne.