Purtroppo non lo ricorda quasi più nessuno. Eppure Ezio Vanoni (1903-1956), insigne economista, accademico e studioso di diritto tributario, ha rivestito un ruolo di primo piano nella vita politica del nostro Paese. Basti pensare che il suo nome figura tra i fautori dell’introduzione della dichiarazione dei redditi.

A ricordare la sua figura è stata la presentazione del libro di Paolo Del Debbio dal titolo L’etica fiscale ed economica di Ezio Vanoni (Giuffrè Francis Lefebvre), che si è tenuta mercoledì 10 aprile nel campus milanese dell’Università Cattolica. 

Studioso e docente universitario, Ezio Vanoni fu anche integerrimo uomo politico in qualità di ministro delle Finanze e del Tesoro e punto di riferimento di De Gasperi. Per la cronaca, morì di infarto in Senato nel 1956 a 53 anni al termine del suo discorso sulla necessità di tenere in equilibrio il bilancio. Aveva disobbedito al medico che, per le precarie condizioni di salute, gli aveva sconsigliato di partecipare a quella seduta ma ritenne che era suo dovere andarvi e pronunciare il suo discorso. 

Sulla visione civile e tributaria di Vanoni si sono trovati d’accordo i relatori che hanno partecipato alla presentazione, moderata da Marco Tarquinio, direttore di “Avvenire”. Michele Lenoci, già docente di Storia della filosofia e presidente del Nucleo di valutazione di Ateneo, ha richiamato le radici etiche e filosofiche alla base delle precise proposte tecniche di Vanoni, e Maurizio Logozzo, docente di Diritto tributario nella facoltà di Economia, ha ricordato il legame di Vanoni con l’Università Cattolica, dato che i suoi studi in Germania furono finanziati da una borsa di studio concessa da padre Agostino Gemelli, fondatore dell’Ateneo.

In particolare l’etica economica di Vanoni si configura nella prassi che non è ideologica, ma comporta conoscenze interdisciplinari, gradualismo, realismo, coerenza, consistenza, sistematicità. Ne è un esempio la sua idea di giustizia fiscale che si concretizzò nella legge che passò alla storia con il nome di  “perequazione tributaria” (Riforma Vanoni o Legge Vanoni), una vera e propria rivoluzione copernicana nei rapporti tra fisco e contribuente.

Cambiava infatti il rapporto tra Stato e cittadino, non più incentrato sulla sudditanza allo Stato. La tassazione si basava su una nuova visione secondo cui è interesse del singolo versare il tributo inteso come bisogno di risorse economiche da parte dello Stato per perseguire i fini delle persone. Secondo Vanoni il primo atto etico andava compiuto dallo Stato per dimostrare di comportarsi con onestà e favorire quindi una risposta eticamente buona del cittadino. Così si adoperò per abbassare le aliquote, convinto che ciò avrebbe provocato un aumento del gettito fiscale. Del resto, aveva ben presente che si trattava di un sacrificio per i cittadini, tanto che si attivò per la proporzionalità delle imposte al reddito e alla capacità contributiva, affinché il fisco non fosse avvertito come iniquo dai cittadini. Lo Stato - diceva - è formato dalle persone che ne fanno parte, non è sopra di loro e i veri protagonisti dei doveri fiscali sono i contribuenti, in rapporto di parità col fisco. 

Ed è forse per questa sua idea di giustizia tributaria che Del Debbio, tirando le fila del discorso, ha messo in evidenza le confusioni dell’attuale sistema fiscale «Ezio Vanoni è stato l’ultimo grande riformatore del ‘900. Se oggi dovessi scrivere di nuovo un programma fiscale lo farei con la sua impostazione».